FIORENTINI – La figlia di Ribera, nuovo dramma del nostro carissimo amico signor Raffaele Colucci, si è ripetuto per quattro sere consecutive con egual favore di pubblico, che ha ogni sera applaudito e chiamato all’onore del proscenio l’autore alla fine del 4.° e del 5.° atto. Il dramma è pieno di vita e d’interesse, segnatamente ne’ due atti qui su mentovati. La tela è ben condotta e bene volta.
Bello è il personaggio del Ciccone (Alberti), tipo d’un figliuolo di Masaniello; ma non così possiamo dire del personaggio dell’allievo Errico (Pappacena), del quale l’autore fa un timido amante della figliuola dello Spagnoletto, carattere che langue del tutto negli ultimi atti.
La soverchia spontaneità e naturalezza del dialogo trascende qualche volta in qualche trivialità, di che si aduggia alquanto il severo carattere del dramma storico.
Ma questi lievissimi nei nulla tolgono al merito di questo bel dramma; e noi ci siamo davvero consolati di un tal successo e per l’antica affettuosa stima che abbiamo del Colucci e perché vediamo sempre più accrescersi il numero dei nostri valenti scrittori drammatici, tra cui il Colucci aveva già un posto non degli ultimi.
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GOLDONI – La sera del 15 giugno si è rappresentata su queste scene, dalla filodrammatica compagnia di Pasquale Grosso, la commedia in versi martelliani di Castelvecchio col titolo La Cameriera astuta.
L’esecuzione fu accurata per parte dei signori Cenatiempo Giuseppe, Satriano Raffaele e Salvatore de Angelis, e si distinse pure la signora Cenatiempo nella parte protagonista.
Nella farsa Io le difendo, che è la stessa di quella che ha per titolo Un Signore che difende le mogli, il signor de Angelis piacque molto e divertì il pubblico nella sua parte brillante.
Giovedì, d un’altra compagnia di filodrammatici venne rappresentato su queste scene il vecchissimo Don Giovanni Tenorio col Pulcinella. Benché que’signori dilettanti avessero eseguita questa produzione con valentia, pur non di meno, la maschera del Pulcinella (che ci sembra oramai non più dicevole a’civili tempi che corrono) è al tutto da bandirsi da’filodrammatici che si propongono lo esercizio della nobile arte drammatica.
FRANCESCO MASTRIANI