SCENA DEL 1849. 18 novembre 1866

   Siamo a Parigi.

   Gustavo B…, giovine alla moda, ricco e celibe, ha terminato di vestirsi per andare a trovare la sua bella.

   Appena in istrada… passa una carrozza vuota. Il cocchiere, senza dir motto, scende dal suo sedile, lo afferra pel collo, lo ficca dentro, e scappa come il vento, non ostante le grida e lo schiamazzo del giovine.

   Dopo tre ore di corsa, il cocchiere rimena Gustavo a casa.

   ‒ Favoritemi quattro franchi e cinque centesimi signor mio – dice il cocchiere.

   E Gustavo, ricordandosi della nuova legge in vigore, cioè, che ogni francese dell’età di vent’un anno e vaccinato godrà del diritto al lavoro, non può fare meno di riconoscere questo dritto del cocchiere; e sborsa il denaro.

   Sono le due dopo mezzogiorno…

   Dieci operai lo aspettano all’uscio. Nel vederlo, gli si lanciano addosso, e chi gli prende la misura del cappello, chi dell’abito, chi delle scarpe, chi gli va aggiustando i capelli, e chi vuole per forza ficcargli nelle dita un paio di guanti.

   Sbarazzatosi a stento da costoro, entra nella sua camera, ed è sorpreso nel vedere un cittadino che si diverte a togliere dalle mura le belle carte vellutate.

   ‒ Che cosa fate amico?

   ‒ Tolgo questa roba per porvi la nuova.

   ‒ Ma io non ve ne ho pregato.

   ‒ Oh bella!!! Sono due giorni che non metto carte, ed ho dritto al lavoro. Vi do’ la preferenza.

   In quel mentre un vetraio caccia il capo della porta, rimasta aperta, e domanda:

   ‒ Ci sono cristalli rotti?

   ‒ No, caro, non abbiamo bisogno di te.

   ‒ Ma io ho bisogno di voi.

   E ciò dicendo, entra in casa, rompe due vetri e vi pone i nuovi.

   Gustavo si disponeva a partire in tutte le furie, allorché entrano otto facchini.

   ‒ Che bramate, amici miei?

   ‒ Niente altro che trasportare la vostra roba.

   ‒ Ma io non cambio casa.

   ‒ Non fa niente; la trasporteremo dove volete.

   ‒ Ma se vi dico che non saprei dove farla portare.

   ‒ Poco importa; faremo fare una passeggiata a’vostri mobili e quindi li riporteremo qua.

   In men di mezz’ora, la casa fu sgombra di mobili.

   Gustavo era nell’eccesso della disperazione.

   Un altro personaggio si affaccia all’uscio.

   ‒  Avanti.

   ‒ Abbiate la bontà, signore, di farvi applicare queste mignatte. Sono quattro giorni che riposano in queste caraffine; ed io ho il dritto di esercitare il mio mestiere.

   ‒ E vorreste?…

   ‒ Applicarvele dove volete.

   ‒ Andate al diavolo voi e le mignatte.

   ‒ Amico, la legge e là!!

   Fu necessità farsi applicare le mignatte.

   Dopo il flebotomista, venne il cavadenti e quindi il becchino.

   Ciascuno di loro voleva esercitare la sua industria su Gustavo, il quale non potè che con una fuga precipitosa salvarsi dall’esser sepolto vivo con un dente in meno.

.

                                     Francesco Mastriani

.

   Fu pubblicato sul giornale La Domenica il 13 novembre 1866