PAOLUCCI

    Un po’prima di giungere sotto il ponte di Chiaja, a mano sinistra venendo da Toledo, è una piccola ma elegante bottega con la modesta insegna PAOLUCCI. In quel breve recinto si aduna non però tutt’i giorni dalle 11 antimeridiane fino a sera il fior fiore della buona società napolitana di sesso maschile; eppure quel salotto non ha altro scopo che accomodare le teste, intendo i capelli. Senza una insegna parabolica in altra lingua; senza il fastoso apparato di parrucche, zazzerette, crinoline, ricci e pomate, senza le scritte di olio rigeneratore, acqua della China, bandolina etc.; senza i soliti bellimbusti di cera; senza l’illusione d’una donnetta viva e animata, le cui leggiadre forme ed insinuante sorriso traspaiono dietro i serafici veli delle cortine, il salotto di Paolucci richiama ogni dì gran numero di eleganti avventori, benché più che negli altri salons si paghi l’importo del taglio.

   L’interno del salotto di Paolucci è semplice, coquet, disinvolto – Grandi specchi all’intorno, sedie a macchinetta con cuscini elastici, piccole consoles con marmo per riporvi tutto l’occorrente per la pettinatura – Questo salotto è continuamente impregnato degli squisiti effluvi de’sigari d’Avana o del Brasile.

   Paolucci è tutto nazionale, napolitano; i giovani addetti al servizio de’gentili e nobili 300 abbonati sono tutti di puro sangue italiano, tutti cresciuti all’aura del Sebeto; e sanno egregiamente maneggiare le forbici, i pettini, le spazzole, e la macchinetta Garbati, attenti, studiosi di piacere ad ognuno, a secondare il gusto d’ogni capo, eglino fanno il loro dovere, senza ciarlatanismo, e senza farvi un migliaio d’interrogazioni sul modo che solete portar le chiome.

   Il taglio di Paolucci si riconosce facilmente alla semplicità, alla grazia, e ad una particolare tournure che egli dà a’capelli da dietro – Sommamente ed esclusivamente aristocratico, Paolucci ci sdegna le maniere affettate delle altre coupes de cheveux – Col taglio di Paolucci il piccolo cappello alla moda riposa mollemente sovra l’alto del capo graziosamente rabbuffato e ricciuto, lasciando sorger di dietro il bianco solco d’una fila verticale, simetricamente lasciativi. Si dice che questa foggia di portare i capelli si debba agl’inglesi; ciò non toglie però la debita lode all’illustre Paolucci che, perfezionandola, l’ha così bellamente posta in credito nell’alta società.

   Paolucci è artista, vero artista; la sua fama non è poggiata sovra una campana d’oro, sovra la strada Vivienne, o sovra un cognome estranio e bizzarro per dar tuono al salotto. Modestamente rincantucciato in un posticino di Chiaja, egli ha saputo gettare il guanto di sfida agli ampollosi coiffeurs, e dettar norma esclusiva ed originale alla classe più agiata e più elegante del nostro paese. Nato con l’ispirazione de’capelli, col genio delle parrucche, Paolucci è ora un uomo che sta bene accanto a quello di Oudinot, di Roolf, di Lablache, nome cha passerà immortale nelle tolette e nelle psichès, che occuperà più d’una colonna di giornale. Il Sibilo va glorioso d’aver dato fiato alla tromba che deve proclamar la fama di Paolucci, ed io m’ascrivo ad onore d’aver il primo parlato di lui, pochi momenti poi che il mio capo è stato sottoposto alle ispirate forbici di questo sommo e favorito artista de’miei capelli.

   Gli abituati di Paolucci sono quasi tutti giovani che vivono la vita esclusiva, oziosa de’beatissimi figliuoli del denaro – eglino non sanno altro della vita che l’abbandono, le mollezze, le sensazioni delicate della seta, l’odore del patchouli, i desideri leggieri. Questi geni delle gallerie, questi prodigi della civiltà, questi elegantissimi re della gentry-fashion, convengono a ritrovare nel salotto di Paolucci, dove si riposano dalle fatiche d’una notte di ballo, o di un sonno di 12 ore. Quivi ascolti le parole sottili a fior di labbra, le notizie importanti d’un’ora fa, gl’intrighi più ascosi delle società; quivi le frasi sono scelte, speciali, caratteristiche, la parole enigmatiche, i pensieri sfumati – Paolucci sta in mezzo a’nobili abbonati con dignità, con disinvoltura; e comeché alle maniere sempre eleganti lo diresti un confratello di que’signori ciò nulla dimeno egli si tien sempre nel suo modesto grado, e non si permetta veruna libertà che esca per poco dalla sfera de’suoi pettini.

   In un nostro articolo su’lions dicemmo che Paolucci è per eccellenza il loro coiffeur. In fatti non mai questa classe privilegiata degnasi di farsi toccar la testa da altri che dall’artista sullodato. Stia pure il Salon Vivienne per tutti gli eleganti color bleu, stieno gli altri coiffeurs per coloro che vanno la prima volta ad una soirèe, Paolucci riunisce nel suo salotto le sommità più aeree del mondo elegante, i notabili per gusto, i creatori della moda.

   Emmanuele Paolucci tiene alla collaborazione delle teste un suo fratello, col quale divide le fatiche e i piaceri della carica – Questi due giovani sono l’esempio e lo specchio del vero amor fraterno. Compiti, svelti, damerini, eglino badano a tutti gli avventori, rispondono a tutte le richieste, sanno tutte le notizie più recenti, più in moda; tutti li vogliono, tutti li chiedono; quando il tempo non basta all’uno, l’altro è pronto sempre a supplire il fratello – Vivete lunghi anni, graziosi giovani che abbellite le nostre chiome, vivete alla gloria vostra e a quella del paese; non mai fosco pensiero a turbar venga i vostri spiriti leggieri, vivete in prosperità, novelli Castore e Polluce, e non vi tocchi mai la sorte che ebbero questi due sventurati gemelli al nostro Teatro S. Carlo.

                                                             FRANCESCO MASTRIANI