Questa edizione è in possesso degli eredi Mastriani
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INTRODUZIONE
Mastriani “novelliere”?
I.Nel 1867, presso l’editore Rondinella, Francesco Mastriani raccoglie in volume i «primi passi» della sua «letteraria carriera», un nutrito novero di scritti ascrivibili alla tipologia del “narrar breve” che vanno sotto il titolo di Novelle Scene e Racconti. È il decennio in cui sta pubblicando le pagine della nota «trilogia socialista» [1] e nel biennio 1866-67 contemporaneamente attende alla compilazione del foglio settimanale «La Domenica», di cui figura come «scrittore unico».
Dedicata ai suoi «dilettissimi figli» Sofia, Filippo e Edmondo [2], la raccolta è topicamente offerta alle «cortesi leggitrici» e – considerata la «benigna accoglienza» che stanno ricevendo le sue «opere di maggior lena» ‒ nasce dalla volontà di dare «la veste e l’importanza di un libro» alle «imperfette scritture» della sua gioventù, ai «primi incerti passi» mossi «nella spinosa via della narrazione e del romanzo di famiglia».
Si tratta di «coserelle», di nugae, già pubblicate (o meglio “disseminate”) su numerosi periodici letterarî del tempo («sparse in fuggevoli effemeridi») ed ora selezionate e riproposte sotto una nuova veste:
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Facendo una scelta delle più sopportabili, abbiamo condannato all’eterno obblio quelle che ci sono parute non poter rispondere assolutamente al gusto presente […] Comechè ci siamo studiati di raddrizzare e correggere parecchie cose, le quali, rilette dopo molti anni, ci sono parute aver d’uopo di emende e pel subbietto e per lo stile […] [3].
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Sorta di “pausa” che Mastriani sembra concedersi e concedere ai propri lettori dal «catasto del male» della «trilogia», o più probabilmente ennesima operazione editoriale all’insegna dell’assemblaggio e del riciclaggio di materiali che per certi versi gli sembrano ancora vitali per un determinato target, la raccolta di Novelle Scene e Racconti comprende 40 scritti (15 nel I volume e 25 nel II volume), già pubblicati su periodici letterarî ai quali Mastriani collaborò alacremente dagli anni Trenta agli anni Cinquanta dell’Ottocento (da «Gli Animosi» del 1837, a «Il Campanello» del biennio 1859-60, ma giungendo – si è detto – anche a «La Domenica» nel 1866-67) [4]. I testi riproposti da Mastriani nella maggior parte dei casi presentano varianti, introdotte sia a livello linguistico che contenutistico e strutturale.
La triplice indicazione di “genere” contenuta nel titolo della raccolta sembra anticipare la «sostanziale indistinzione» del binomio novella-racconto che Antonio Palermo rilevava (e suggeriva di analizzare più compiutamente), affondando il suo acuto sguardo critico fra gli autori della seconda metà dell’Ottocento [5]. Serao, Verdinois, Di Giacomo, Mezzanotte, Imbriani si incagliano e si arenano sullo scoglio “novella-racconto” quale alternativa al “romanzo”, rendendo difficile «una spiegazione unitaria di così eterogenee eppur analoghe incertezze della coscienza letteraria sulle strutture portanti del ʽnarrar breveʼ» [6].
Il discorso su Mastriani, tuttavia, sembra esulare dalle motivazioni alle quali Palermo rimanda per gli autori presi in considerazione nelle sue riflessioni, quali: le scarse teorizzazioni desanctisiane in merito alle tipologie del narrare breve, le azzardate sinonimie di Torraca, l’insofferenza napoletana per i generi letterari quale conseguenza dell’hegelismo. Nel caso di Mastriani, infatti, sembra più opportuna da un lato la contestualizzazione della sue produzione “novellistica” nella prima metà dell’Ottocento, e dall’altro soprattutto la messo in evidenza dell’originale destinazione “periodica”, ovvero giornalistica, di questi suoi scritti.
Com’è stato efficacemente rilevato [7], i periodici di quegli anni cercavano di rispondere alla domanda di testi narrativi che il pubblico lettore (femminile ma non solo) avanzava, non dimenticando un sano oraziano utile dulci:
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Perché un numero almeno di giovani non si affatica d’introdurre in Italia quel genere ameno e leggiero di letteratura in che tanto valgono oggi i francesi? Novelle e romanzi di piccola lena, ma che tutti sieno utili per la esposizione di patri costumi, scene storiche e domestiche, dialoghi, lettere, commedie da sala, sono senza dubbio quelle operette che ànno il potere d’insinuarsi negli animi della moltitudine, di occupare il tempo soverchio con utile e diletto, di condurre insensibilmente la società a un grado con idee e con le conoscenze del giorno [8].
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I redattori de «L’Omnibus», tra gli altri, costretti finanche a contenere una «folla ribellata di associati» reclamante un maggior numero di novelle [9], risponderanno negli anni alla richiesta di testi narrativi con fogli supplementarî e con un’inondazione di racconti, novelle, dialoghi, scene storiche, aneddoti, amenità, con una «varietà di denominazioni» che non corrispondeva certo «a rigidi e schematici criteri di catalogazione», ma rifletteva piuttosto «l’esigenza di una sistemazione – per quanto provvisoria – di un materiale, quello narrativo, che veniva scoperto come magmatico e aperto all’esplorazione di varie possibilità espressive» [10]. Si tratta di un fenomeno giornalistico che caratterizza non solo il diffusissimo e longevo «Omnibus» torelliano, ma la maggior parte dei periodici napoletani di «amena lettura» dell’Ottocento cui Mastriani collaborava (uno per tutti «Il Sibilo», 1843-1846).
Né è il caso di dimenticare il diluvio di strenne letterarie su cui si abbatteranno le critiche di Carlo Tenca e Francesco De Sanctis [11] .
A dispetto del titolo della raccolta, i testi narrativi in Novelle Scene e Racconti non riportano alcuna indicazione di genere, ma recuperano la loro originaria “etichettatura” sulle colonne dei periodici che ne videro la prima pubblicazione, intrecciandosi così la nobile questione del “genere letterario” con la spinosa e anguilliforme “rubrica” [12].
Uno spoglio attento delle collaborazioni giornalistiche di Mastriani [13] consente infatti di constatare anzitutto la portata della sua “selezione” operata su un materiale magmatico, in cui accanto a «novelle», «scene» e «racconti» si collocano anche «caricature», «ritratti», «fisiologie», «costumi», «varietà», «impressioni», «aneddoti», «fantasie», «bizzarrie» e via dicendo. Si tratta di “rubriche”, che non mancano di specificarsi ulteriormente (la «scena» può essere «domestica», «artistica», «storica», «sociale», così come il «racconto» essere «fantastico» e «popolare») o intrecciarsi ed addizionarsi fra loro, diventando «novelle e caricature», «novelle e scene artistiche», «novelle e scene storiche», «scene e caricature sociali», «scene, costumi e caricature».
I testi che è stato possibile individuare quali precedentemente apparsi sui periodici letterarî rilevano che Mastriani opera, per la pubblicazione in volume, prelievi non soltanto dalle tre “categorie” indicate nel titolo, ma anche dai «ritratti», dai «costumi» e dalle «caricature», imponendo allora definitivamente di considerare vano il discorso per generi letterarî e riconducendo decisamente nell’ottica del giornalismo letterario ottocentesco.
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L’INTRODUZIONE continua con altri due paragrafi nei quali la studiosa descrive in maniera dettagliata i testi contenuti nella raccolta.
Il terzo paragrafo viene così concluso:
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«Nell’isolamento intellettuale e culturale degli anni Sessanta dell’ Ottocento – consapevole, come si è detto in apertura dell’apprezzamento per le sue «opere di maggior lena» che è opportuno abbiano però ora «la veste e l’importanza di un libro» ‒ Mastriani ricorre a qualsiasi mezzo per fidelizzare le diversificate fasce del suo pubblico e colloca la pubblicazione di Novelle Scene e Racconti quale ennesimo baluardo alla soluzione del problematico e, forse per tanti versi inspiegabile, passaggio dalla “prima” alla “seconda” maniera di scrittura [14]
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ANNA CRISTIANA ADDESSO
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[1] L’efficace definizione è di A. Palermo, Nel vestibolo della letteratura: Francesco Mastriani, in ID, Da Mastriani a Viviani. Per una storia della letteratura a Napoli fra Otto e Novecento, Napoli, Liguori, 1972 (poi 1987), p. 14. La «trilogia», come è ben noto, risulta composta da: I vermi. Studi storici su le classi pericolose in Napoli (1863-64); Le ombre: lavoro e miseria (1867); I misteri di Napoli. Studi storico-sociali (1869-70).
[2] La dedica è datata 30 settembre 1866.
[3] F. Mastriani, Novelle Scene e Racconti, Napoli,Giosuè Rondinella Editore, 1867, col. I, p. 5.
[4] Per un profilo di Mastriani giornalista ed un primo (ma per molti tratti impreciso) spoglio dei periodici letterari ai quali collaborò cfr ancora il solo A. Di Filippo, Lo scacco e la ragione. Gruppi intellettuali, giornali e romanzi nella Napoli dell’800. Mastriani. Lecce, Milella, 1987.
[5] A. Palermo, La coscienza degli scrittori, in ID., Il vero, il reale e l’ideale. Indagini napoletane fra Otto e Novecento, Napoli, Liguori, 1995, pp. 33-48.
[6] Ivi, p. 47.
[7] L. Palma, Vincenzo Torelli. Il padre del giornalismo napoletano, in Giornalismo letterario a Napoli tra Otto e Novecento. Studi offerti ad Antonio Palermo, a cura di P. Sabbatino, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006, pp. 25-66 (con Appendici contenenti puntuali spogli dei testi narrativi e dei romanzi d’appendice pubblicati su «L’Omnibus» nelle annate 1833-1847 e 1850-1860).
[8] Della letteratura delle donne, «L’Omnibus», I, n. 3, 16 marzo 1833 (citato in L. Palma, op. cit., p. 40).
[9] Cronichetta, «L’Omnibus», I, n. 24, 10 agosto 1833 (citato in ivi, p. 41)
[10] L. Palma, op. cit., p. 41
[11] Cfr. C. Tenca, Delle strenne e degli almanacchi. Saggi sull’editoria popolare (1845-1859), a cura di A. Cottignoli, Napoli, Liguori, 1995; F. De Sanctis, La letteratura italiana del secolo XIX. II. La scuola liberale e la scuola democratica (part. La letteratura a Napoli), a cura di F. Catalano, Bari, La Terza, 1953, pp. 53-141; ID., Le strenne, in L’arte, la scienza e la vita. Nuovi saggi critici, conferenze e scritti vari, a cura di M. T. Lanza, Torino, Einaudi, 1972, pp. 300-302; quindi A. Palermo, Carlo Tenca. Un decennio di attività critica (1838-’48), Napoli, Liguori, 1967; ID., Ottocento italiano. L’idea civile della letteratura. Cattaneo, Tenca, De Sanctis, Carducci, Imbriani, Capuana, Napoli, Liguori, 2000.
[12] Cfr. G. Pagliano, La novella nella cornice del periodico, in EAD., Il mondo narrato. Scritti di sociologia della letteratura moderna e contemporanea, Napoli, Liguori, 1985, pp. 75-84, part. pp 79-80: «ci sembra tuttavia che intorno alla medesima epoca [1850 ca.] possa essere individuata un’altra e nuova forma di cornice. Le novelle infatti vengono pubblicate nei periodici, sia popolari sia letterari. La maggior parte delle novelle dell’Ottocento sono state inizialmente pubblicate in quelle sedi e il lettore le ha conosciute attraverso le mediazioni del periodico. Riteniamo che sarebbe opportuno studiare la relazione fra le novelle e i periodici dove sono apparse, in quanto storiografia e critica letteraria, che hanno esaminato le varianti d’autore, tra apparizione sul periodico ed edizione in volume oppure i rapporti dell’ autore con il periodico a livello di biografia intellettuale, non sembrano invece aver preso in considerazione tale problema. Il periodico si presenta come un contesto esterno alla novella e che tuttavia la ingloba in modo concreto. Da un punto di vista metodologico può costituire la prima struttura inglobante, secondo la terminologia di Goldmann, mediante la quale si può passare dalla interpretazione alla comprensione. Potrebbe rappresentare il primo punto di imputazione della struttura significativa della novella, commentario sul mondo, esplicito in quanto leggibile, implicito nel suo rapporto celato con la novella comunque rappresentante per il lettore un referente immediato di lettura. Si può avanzare l’ipotesi che nei periodici letterari dell’Ottocento e del Novecento, il commentario al mondo si configuri come interrogazione, come quesito aperto. Nei periodici popolari si troverebbe invece una visione globalizzante, sovente parziale e ideologica, che chiude le domande con risposte già pronte, indirizzate a un pubblico nuovo al quale offrono, e che chiede, conferme. Lo studio della relazione novella-periodico dovrebbe individuare da un lato la struttura costante delle novelle pubblicate e dall’altro la visione del mondo o l’ideologia espressa negli articoli, tenendo conto della loro collocazione, lunghezza, risalto tipografico etc. (abituale lavoro di analisi della stampa periodica)».
[13] È opportuno sottolineare la perfettibilità di tali operazioni sui periodici letterarî napoletani dell’Ottocento, che purtroppo risultano spesso di difficile reperibilità nelle Biblioteche sia locali che nazionali e pagano il prezzo di una problematica lacunosità (per numeri interi o intere annate). A ciò si aggiunga l’abitudine di Mastriani a ripubblicare i propri “pezzi” su più periodici e a distanza di anni, talvolta naturalmente con titoli diversi, rendendo così difficile una precisa ricostruzione delle sue collaborazioni giornalistiche. Una “mappa” del Mastriani giornalista è in corso di sistemazione e di pubblicazione a mia cura.
[14] A. Palermo, Il socialismo gotico di Francesco Mastriani, in ID., Da Mastriani a Viviani, cit., p. 113.
ANNA CRISTIANA ADDESSO
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Nel 1867 Francesco Mastriani raccoglie in volume, con il titolo di Novelle Scene e Racconti, alcuni scritti già apparsi nelle “rubriche” dei periodici letterarî ai quali aveva collaborato tra gli anni Trenta e Cinquanta dell’Ottocento. In questo materiale narrativo magmatico si collocavano accanto a “novelle”, “scene”, “racconti”, anche “caricature”, “ritratti”, “fisiologie” e “varietà”. All’indomani dell’Unità, nel periodo in cui Mastriani deve confrontarsi, in qualità di ex collaborazionista borbonico, con l’estraneità dai nuovi gruppi culturali, produce la “trilogia socialista” (I vermi, Le ombre, I misteri di Napoli) e recupera la tipologia del “narrar breve”, con pagine caratterizzate da atmosfere romanticheggianti e da un certo populismo e moralismo conservatore per fidelizzare il vasto e variegato pubblico della capitale. La raccolta Novelle Scene e Racconti è arricchita in questa edizione da un’Appendice contenente una parte dei testi inediti che Mastriani escluse dalla raccolta del 1867.[1]
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[1] Nota in quarta di copertina
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ANNA CRISTIANA ADDESSO è dottore di ricerca in Filologia Moderna presso l’Università ʺFederico IIʺ di Napoli, dove svolge l’attività didattica per il Master di II livello in Letteratura, Scrittura e Critica teatrale. Accanto ai suoi studi di area umanistico-rinascimentale, si colloca l’interesse per il giornalismo letterario e per la letteratura teatrale.
Tra le sue pubblicazioni vanno segnalate la ricostruzione bibliografica del profilo di Peppino De Filippo autore (Napoli 2005), le indagini sui periodici umoristici napoletani di metà Ottocento (Napoli 2006) e l’edizione critica delle cinquecentesche Stanze del Fuscano sovra la bellezza di Napoli (Napoli 2007).
Per Francesco Mastriani, oltre al presente lavoro, ha realizzato il saggio Francesco Mastriani a teatro (Federiciana Editrice Universitaria, 2009), e in collaborazione con Emilio e Rosario Mastriani, la bio-biografia di Francesco Mastriani Che somma sventura è nascere a Napoli! (Aracne, 2012).
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