“Era quell’ora che move il desio” di andare a bere un bicchiere d’acqua sulfurea a S. Lucia, o a fare una passeggiata alla Villa Reale. Io camminava a zonzo per la strada perché il caldo, e la noia mi avevano cacciato fuori di casa: despotizzavami uno di que’momenti, ne’quali la vita mi si presenta come uno scheletro disseccato fino all’ultima fibra, come una landa immensa spogliata financo di una arida lappola… Camminando sbadatamente, e senza scopo al mio cammino, mi trovai a S. Lucia, dov’è un continuo udire. Diverse lingue, orribili favelle “voci alte e fioche, e suon di mani con elle”. Non potendo resistere al gridar chiar di quella bordaglia che ad ogni pie’sospinto ti va ficcando sotto il naso un polipo, e sotto il muso un bicchier di acqua sulfurea, tirai innanzi mezzo stordito, e mi trovai al Chiatamone. Il sole tramontato da pochi momenti ondeggiar faceva i fascetti di purpurea luce fra le bige pieghe di un gruppo di nubi, ed indorava la romantica collina di Posillipo, che stendea sulla sottoposta Villa, un’ombra fresca e voluttuosa. Più è un cuore alla tristezza inchinato, più lo spettacolo di una bella scena di natura il commuove e il racconsola. Respirando quell’aere pero che si accoglieva amorosamente in quel seno seducente di Partenope, rimirando l’aspetto sereno del cielo e del mare, io sentii dileguarsi a poco a poco dalla mia anima quel malessere che tien dietro ad una lunga e calda giornata. In breve giunsi al Largo della Vittoria, ed entrai nella Villa, per divagarmi in tutta la estensione del vocabolo. Entrando in quel recinto dove le bellezze della natura gareggiano con le bellezze della industria e del lusso, risenti tosto l’effetto delle acque del fiume Lete, tutto è posto in oblio; cure, faccende, sventure, debiti, e quanti altri malanni affliggono la povera e sempre compianta stirpe umana. Ed invero, come resistere a tanti incanti, a tante seduzioni che ti assediano a manca e a dritta, come le venditrici di taralli a S. Lucia? A sinistra il mare, o per meglio dire, una tavolazza di azzurro su cui strisciano tante barchette preste leggieri e vivaci cariche di Luiselle e di D. Ciccilli, a dritta la riviera di Chiaja con le doppie file di carrozze conducenti leoni e silfidi, due specie di enti opposti, ma che pur si combinano per forza di attrazione. Il centro poi del giardino era spesso di vezzose damigelle, e di lindi ed azzimati giovinotti. Era la passeggiata della Domenica, tanto sospirata dalle donzelle, le quali pare vendicar si vogliono della noia in cui vivono per un’intiera settimana, armandosi in quel giorno d’un paio d’occhi terribili pe’cuori. Chi non avesse avuto sentore della moda del giorno, avrebbe detto che ogni individuo di quella folla fosse straniero alla gioia tutti gli altri, tanto era l’affrettarsi di tutti, chi per entrare, chi per uscire. Io mi avvicinai dove più fitta affollavasi la gente; un’aria del tenero e sublime autore della Saffo metteva in giuoco le passioni degli animi… Pagai cinque grana e mi sedetti sovra quelle sedie che formano una vasta ed aperta platea intorno allo steccato dell’orchestra. La musica è la storia del cuore – Quell’ineffabile supremo orgasmo dell’anima, in cui si succedono i più dolci ricordi della prima giovinezza, le vaghe e religiose idee della tomba, ed il confuso presentimento d’un avvenire, è l’effetto della musica. Ma io tutto che intento avessi avuto l’animo a quegli armonici concenti, non lasciava di vagare con gli occhi su tante bellezze che facevano di lor vaga mostra. Nella Villa Reale è abolita ogni distinzione sociale, essendo escluse le vetture, non si riconoscono aristocrazie di sorta veruna. Tante diverse professioni si mescolano, si confondono insieme, come del pari tutte le condizioni della società. Quando cessarono i concenti musicali, quella numerosa moltitudine si dileguò a poco a poco ne’boschetti ove la musa di Virgilio avea tante volte accordata la sua lira. Io restai ancora a pie’del platano, ascoltando per tutta armonia il gemito prolungato del mare, il sussurro dell’aura sotto i fogliami ed il canto serotino dei grilli. Non potetti astenermi dal fare una breve e fredda considerazione sulla storia della vita, di cui un’immagine tutta pura mi si offriva nella scena che avea testé colpito i miei sensi.
FRANCESCO MASTRIANI