Si sono scritte tante belle cose sulla cravatta, e financo sulla spilla, questo tratto d’unione della toletta, che non dovrà parer molto strano se io scarabocchi milensamente due ciance sulla camicia in un tempo, in cui tutte le fantasie sono rivolte verso questi piccoli e fini tessuti di subalterno vestimento. Che sì che la camicia debbe avere il suo posto d’onore tra gli articoli di mode, anzi le si dovrebbe a rigore assegnare il primo posto sendo essa il primo vestito che s’indossa. Io voglio però prender la cosa ab ovo, e spacciare anch’io qualche cosarella di dottrina su questo importante squarcio de’nostri costumes, su questa pudica vestale della toletta.
La parola Camicia vien dal latino a dallo spagnolo cama, letto, perché come sapete è la sola cosa che si tiene addosso quando si va a letto, salvo alcuni casi d’eccezione. Non saprei dirvi da chi fu inventata, ma egli è certo che i Romani e i Greci non la conoscevano; era loro però necessaria la frequenza de’bagni per nettarsi dalle immondizie che soglionsi attaccare a quelle parti del corpo più sovente esposte al contatto dell’aria.
L’invenzione della camicia par che debba ripetersi a’principi del decimo terzo secolo. Le prime camice furono di saio, e quelle che servivano alla consacrazione de’ Re di Francia erano di seta aperte, e guarnite di cordoni. Pare che la camicia di lino non erasi ancora introdotta al ‘400, perché sappiamo che soltanto la moglie di Carlo VII ne avea due di questa stoffa. Al Medio Evo si chiamava camicia una specie di veste di lino a maniche corte.
Sotto Enrico IV e suo figlio Luigi XIII di Francia la camicia diventò importante, e laddove per lo innanzi la vita di questo vestito era stata oscura e vergognosa, sotto i raffinès cominciò a mostrarsi nella sua vera pompa. I bellimbusti di que’tempi usavano di farla uscir fuori dal pourpoint, tra quest’abito, e l’haut-de-chausses, formando così una specie di fascia ricca e a gran rotoli sul basso del petto. A partire da quest’epoca la camicia fu veduta a poco a poco affacciarsi sulle sommità del petto, e ad ornarsi di eleganti gale di merletto, secondo che la circostanza e l’uso richiedevano.
La camicia inviluppa, circonda, ricopre i misteri della bellezza o della bruttezza corporale; essa è discreta come un’amica strettissima, come una compagna indivisibile; la sua maggior e minore bianchezza vi dinota la posizione più o meno felice dell’individuo che la porta; il termometro è giusto, esatto, e non isbaglia quasi mai – la finezza del suo tessuto, e le gale onde la puossi abbellire costituiscono poi l’aristocrazia di questo vestito.
I diversi modi con cui si portano i colli della camicia vi palesano il carattere, le abitudini, e le occupazioni diverse degl’individui. A mò d’esempio, lo studente non porta mai i colli rovesciati perché la sua camicia fa il servizio d’una settimana; l’avvocato ed il medico portano i colli alti e ben amidati; l’artista lion li porta rovesciati sull’orlo d’una piccola cravatta nera; l’artista tigre, che porta sempre la camicia rigata e di colori forti, ha i colli appena pronunziati sovra un’immensa cravatta rossa o amaranto, l’uomo d’affari, l’impiegato civile, il diplomatico, e tutta la classe aristocratica portano i faux-cols piccoli, tondi, e ugualissimi; e finalmente il militare vestito alla bourgeoise di rado si vede co’colli sporgenti; quando poi sta con l’uniforme la moda attuale vuole che li porti piccolissimi sul cravattino.
I colli della camicia in qualche modo diversificano eziandio le nazioni. L’Italiano e il Francese li portano rovesciati su piccole cravatte; l’Inglese porta due punte di colli acuti sulla cravatta à grands carreaux; lo Spagnuolo li porta nascosti dall’immensa barba sotto il mento.
Ci è la camicia modesta e bourgeoise liscia di mussolina e amidata nel petto; vi è la camicia di coquette anche di mussolina ad infinite pieghe e punti a giorno con vari bottoncini eleganti; vi è la camicia di fina battista per le sommità sociali.
Ora la camicia varia di moda come la veste, l’importanza di questa doppia personificazione del necessario e del superfluo è giunta a tale che sembra aver voluto gareggiare con l’importanza della cravatta bianca. Come questa la camicia ha avuto i suoi fautori e i suoi avversari, ha subito le più atroci rivoluzioni della effemerida moda, ma in oggi la può dirsi nell’apogeo della sua gloria, nel punto più luminoso della sua carriera. Oggi abbiamo per le dame la camicia semplice con un orletto à coulisse e con le maniche a gheroni; la camicia à la Vierge, che monta fin al collo ed è terminata da un poignet; alla Greca, con una incavatura quadrata, e spaccata in mezzo al petto, con le maniche piatte e mezzo lunghe; all’Amazone, cioè un po’ mascolina; all’Inglese, che va raccorciandosi in giù; ed alla creola larghissima, scollata, e a maniche corte.
La camicia per gli uomini occupa benanche le immaginazioni di tutte le couturières Parigine; si aspettano quindi magnifiche e grand’innovazioni, che daranno uno slancio potente a questa modesta figlia dell’indigenza e del pudore.
Francesco Mastriani