IN OCCASIONE DELLA MORTE DI SERGIO SAMARELLI

 

 Dunque, non a sedici ma a QUATTORDICI ANNI, mio padre scriveva la prima poesia, ed eccola:

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   Sergio, ove sei? Negli orridi

Soggiorni spaventosi

Ove di folte tenebre

Coverto tu riposi,

Spingo l’ardito e intrepido

Sguardo della ragion.

   Ahimè! Chi può quell’invido

Vel sollalzar che ingombra

Di morte il nero baratro

Colla sua squallid’ombra?

Tremante, oppresso, attonito

Si arresta il mio pensier.

   Qual voce dalla gelida

E silenziosa tomba

S’eleva che nell’anima

Profondamente piomba!

O di natura orribile

Sentenza: Ei non è più!

   No, più non è quel provvido

D’onoratezza nume:

Quel sovrumano genio

Di cui l’immenso lume

Tutti abbracciava gli ardui

Sientifici sentier.

   Come un fantasma lugubre

Del sonno turbatore,

Immerge dileguandosi

Nell’alma un gran terrore,

E fa destare il misero,

Gelido il volto e il cor,

   Così fuggendo rapido

D’Eternitade in seno,

Tu scuoti dal letargico

Sonno di larve pieno

La mia ragione attonita

E timorosa ancor.

   Sull’onorato tumolo

Sciogliti, o patria, in pianto.

Quanto eloquente è il tacito

Suo freddo marmo, ahi quanto!

Dov’è quel cor sì barbaro

Che negagli un sospir?

   Tu più non sei che un semplice

Mucchio di poca polve.

Che ancor domani, e l’alito

Del vento in nulla solve;

ma la tua cara imagine

scolpita è in ogni cor!

   Sì, sì, immortal filosofo,

Tu vivi in mio pensiero;

È ver ch’egli è il tuo vivere

Un sogno lusinghiero,

Ma che altro è il nostro esistere

Che un lampo di dolor!

   12 Luglio 1834 [1]

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[1] FILIPPO MASTRIANI, Cenni sulla vita e sugli scritti di Francesco Mastriani, Napoli, L. Gargiulo, 1891, cap. II, pag. 36.