“Beverei prima il veleno che un bicchiere che fosse ripieno dell’amaro e rio caffè”
REDI
Nella mia prima giovinezza, quando il cuore si affeziona potentemente alle cose di questa misera terra illuminata a gas, io pure amava il caffè, come in quella età inesperta si amano tutte le cose fatali. Mi avean detto che questa bevanda era nientemeno che ispiratrice di grandi cose, di opere immortali; e mi citavano un Voltaire, un Napoleone che si nutrivano quasi di caffè. Nella mia innocenza e credulità io sorbivo due o tre tazze di caffè al giorno, senza conoscere qual possente veleno introducessi nella mia macchinetta; veleno, i cui funesti effetti ho sentito più tardi, essendosi per modo eccitato il mio sistema nervoso, chè in oggi una semplice mezza tazza di caffè mi cagiona uno stato di inesprimibile angoscia. Uomini della presente e futura generazione, prestatemi attenti le orecchie, che vi svelerò segreti importanti per la vostra vita, e torrò la maschera onde si covre quel frutto e nero figlio delle terre arse, che si chiama caffè.
Tutta l’Europa si avvelena ogni giorno volontariamente con questa bevanda: due terzi degli uomini incivili muoiono per gli effetti di questo veleno. È cosa deplorabile che la salute del mondo dipenda da malaugurata infusione. È mia opinione (ma non la garantisco) che dal giorno in cui il mondo si asterrà di ber caffè, non sarà soggetto a verun morbo. Non credete che io vi narri una frottola: leggete le storie mediche de’nostri giorni e vedrete come tante malattie sconosciute agli antichi, non riconoscono altra cagione che l’uso smodato del caffè. Il tifo, l’epilessia, la cardialgia, le febbri nervose, le innumerevoli malattie degli occhi, gli spasmi dello stomaco, i suicidi, e tanti altri malori derivati dalla troppa eccitabilità del fluido nervoso, possono fondatamente addimandarsi figli di quel grano fatale più tremendo d’ogni tremendo veleno, perché gli effetti di esso sono più lenti e più dolorosi. Un profondo medico e filosofo francese ha detto che «le sostanze le quali non ci sono piacevoli sono necessariamente opposte a quelle che la natura ha consacrate per noi, sia per costituirci in salute, in armonia, sia per ristabilirci; la natura benefica e conseguente ha rivestito tutto ciò che ci è giovevole di qualità che cominciano dal rendercelo piacevole». Or vi domando un poco, Signore quattro o cinque, quante siete, parti del mondo, che sensazione piacevole trovate voi nel caffè, se non lo caricate abbondantemente di zucchero? Quali principî di benessere può darvi una sostanza così contraria al nostro gusto? I fautori di questa bevanda (e non sono pochi) mi diranno che il caffè è un agente potentissimo della digestione, ed io ne convengo, ma fo loro questa dimanda: credete voi che la natura abbia bisogno di questa sostanza aromatica e piena dieleteri principî per compiere le sue funzioni? Se la digestione di un individuo è buona, non ha mestieri di aiuti stranieri, se è cattiva, il caffè non farà che guastarla maggiormente, eccitando il sistema universale de’nervi, a detrimento della particolare e più forte energia di cui ha bisogno lo stomaco malato nelle ore delle sue funzioni.
Il Dottor Losen de Selthenoff nella sua opera della macrobiotica degli occhi dice: «Da Fontanelle in qua, si ripete per ischerzo che il caffè è un lento veleno… Per tenermi svegliato, diceva Carlo Pougens, io prendeva fino a 10 tazze di caffè al giorno, e poneva nell’ultima un pizzico di sale per rendergli più attività. Che ne risultò? Una orribile malattia che colpì per sempre di cecità l’amabile autore di cui si tratta – Dimandate ora se il caffè è un veleno oppure no».
Conosco un giovane di 20 anni che per l’abuso del caffè trema come un vecchio, e non può quasi più scrivere, così è vacillante è la mano. Esempi funesti d’imbecillità e di pazzia sonosi avuti in quegl’individui che si abbandonano ciecamente ad un abuso di tal bevanda. Il caffè può chiamarsi il principio disorganizzatore e dissolvente del nostro fisico, come l’acqua ne è il principio organizzatore.
È sorprendente come nella riforma delle idee e de’costumi di tutt’i popoli dell’Europa, e tra tanti vantaggi che il lume della civiltà procura di unire a’beni che la natura ci invita a godere, non si sia ancora pensato a restringere se non bandire l’uso d’una bevanda così nociva alla vita ed alla intelligenza. La perfetta armonia di tutte le funzioni, e l’equilibrio costante tra la forza espansiva e compressiva, costituiscono lo stato di sanità: il caffè tenta incessantemente a far preponderare la forza espansiva, cioè tende alla dissoluzione ed alla morte. È questo un assioma chiarissimo, contro cui non vi ha obbiezione che regge. Non parlo delle tanti micidiali miscele che i caffettieri europei fan subire a questa bevanda, sia per aumentarne la qualità, sia per risparmio di zucchero, sia per darle un colorito. Mi piange il cuore ogni qualvolta sento decantare tanto il lusso di queste innumerevoli sale da caffè in tutte le capitali d’Europa. Povera salute, dico tra me medesimo, ecco altrettanti trabocchetti funesti per te! Non è da mettersi in dubbio il male prodotto alla letteratura ed alle arti da quest’araba decozione. Si vuole che il forsennato romanticismo con le sue scuri e co’suoi carnefici sia sorto da una tazza di caffè troppo carica. Finisco questo breve articolo facendo voto al cielo che i popoli delle colte nazioni, massimamente della nostra Italia, si ravvedano su questa insidiose sirena, e diano una volta il bando a questo grano che la natura provvidamente negò a’nostri climi, rilegandolo nelle selvagge terre dell’Arabia e della America, le quali, sarebbe stato molto meglio per la nostra Europa, se fosse restata sempre sconosciuta.
FRANCESCO MASTRIANI