I BAGNI

   Tra tutt’i democratici più o meno screziati, tra tutt’i liberali più o meno variopinti a color pagnotta, tra tutt’i repubblicani più o meno color verde-rame, il vero democratico, il vero liberale, il vero repubblicano è quel vecchio burbanzoso, dalla barba bianchissima come la spuma che si chiama messer lo Mare. Regna nel suo Stato una perfetta eguaglianza: tutt’i viventi sono uguali sotto le acque, come tutt’i morti sotto la terra. Ognuno che pone il piede nel territorio dello spodestato re Nettuno vi deve entrare ignudo, come uscì dalla macchinetta di quella instancabile artefice che si domanda natura. Fuori ciondoli, fuori croce de’soliti santi, fuori commende, fuori fettucce rosse, verdi, gialle e turchine: ognuno deve spogliarsi di tutto per entrare nella immensa repubblica acquosa: anche i re debbono deporre sul lido le loro corone; e tutto al più possono cingersi il capo con uno di quei cappelli a larghe tese che pigliano il nome dall’istmo repubblicano puro sangue.

   E il più terribile si è che neanche le donne, questa seconda sezione antipolitica del genere umano, queste cittadine senza colori (salvo sempre quelle che s’impiastricciano di colori artificiali), anche le donne debbono far violenza al naturale pudore, ed entrare ignude nelle province del mare, donde uscì quella tale deità che regna con impero dispotico su tutti gl’imperi del mondo, e che fa fare tante bestialità anche agli uomini più assennati, più savii e più reputati.

   Parliamo senza allegoria. La bella stagione, come comunemente per ironia si chiama l’està, ci fa provare un sapore anticipato dell’inferno per farci ricordare delle pene che ci aspettano all’altro mondo. Non comprendiamo come il Municipio, che va cercando i modi di provvedere di acqua l’assetata Napoli, non pensi a raccogliere, con qualche mezzo ingegnoso, tutt’i sudori che sgocciolano dalle membra dei seicentomila abitanti partenopei: si avrebbe una quantità di acque tale da bastare a tutt’i bisogni della città. E, poiché il Municipio non ci pensa, come non pensa a tante altre cose cui pure dovrebbe pensare, noi proponiamo ai nostri concittadini che ciascuno si faccia una provvistella dei propri sudori, in guisa di attingervi non solo l’acqua che fa d’uopo ai propri bisogni, ma eziandio (facendo uso della macchina da ghiaccio) del gelo che vuol procacciarsi per annevare le bevande.

   L’unico rimedio a questa piaga, a questo flagello che c’inonda, a questo tepido mare che ci bagna continuamente è il rimedio della disperazione: non ci è altro che gittarci in mare, immenso lavacro, che lava soltanto le macchie esterne e lascia intatte quelle che sono su la coscienza. Tutte le classi si fondono nell’acqua, come tutti i cuori si fondono coll’oro.

   Le signorine napolitane adorano il mare come gl’indiani adorano il sole (facciam loro i nostri complimenti: per noi, lo detestiamo di tutto cuore) e come gli abitanti delle isole Marchesi adorano i topi e le piattole: ognuno ha il suo gusto. Ma le signorine napolitane hanno più ragione degl’Indiani e dei Marchesotti (chiediamo la venia del Rodinò, dell’Ugolini e del Viani per la creazione di questo vocabolo). Gnorsì, le signorine napolitane hanno ragione di adorare il mare; giacchè, senza dire del rinfrescamento che trovano in esso alle loro arsure, il mare è un vecchio ruffiano che ha creato più matrimonii che naufragi. Ci sono zitelle che si raccomandano a questo santo o a quello per maritarsi; e spesse volte i santi non se ne incaricano perché sanno che i cuori degli uomini sono duri in questa età di ferro. Invece, i santi a cui elleno si debbono raccomandare sono San Pappalardo, santo Sciattone e san Cannavacciuolo; e questi, senza saperlo, fanno miracoli in fatto di matrimonii. Dacché i Bagni sono aperti, più di mille matrimonii sono in prospettiva. Benedetta la Villa Nazionale! I bagni il mattino e la banda la sera: ecco magnifiche reti a cui vengono incolti gl’incauti fringuelli. I marinai gittano le reti in mare per pescare cefalotti, lagoste, triglie e calamaretti; le donne vi si gittano elleno stesse per pescarvi altra specie di pesce. E noi auguriamo loro buona pesca.    

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