FATTI DIVERSI DI PARIGI. 2 DICEMBRE 1866

   «Scribe non ha fatto rappresentare che un solo dramma – diceva un tale – Dieci anni della vita d’una donna, al Teatro Porte-Saunt-Martin. Egli ebbe un collaboratore chiamato Terrier. Non solo egli non ha lavorato che questa sola volta col signor Terrier, ma questo nome non è mai più apparso sugli affissi teatrali. Che diascine s’è ne fatto questo signor Terrier?». 

   «Siam sicuri che questo Terrier sia mai stato tra i viventi?» osservò uno scettico.

   «La prova ch’egli è vivuto – replicò il dottor H. – è che sono otto giorni dacché è morto».

   «Voi lo conoscevate?».

   «Io era il suo medico».

   «E per questa ragione sarà morto» tutti esclamarono in coro.

   Il dottore non s’offese di questa antica facezia che fu detta la prima volta a Ippocrate, e continuò:

   «Un giorno, occupandomi di conti arretrati, io aveva mandato al signor Terrier la nota de’miei onorari: egli mi scrisse un biglietto in questi termini:

             «Caro dottore

   Io vi consiglio di passare il vostro credito a’guadagni e perdite, ma più alle perdite che ai guadagni – Tengo 20,000 mila franchi di debiti, e ho sessantaquattro anni.

   Alla mia età non si può più sperare di far fortuna per poter pagare questi debiti.

   Ho l’onore di avvisarvi che al 31 Ottobre mi brucerò le cervella».

   «È dunque vero?» domandò lo scettico.

   «Ho la sua lettera a casa: porta la data del 15 Settembre ultimo».

   «Ebbene?».

   «Ebbene, io supposi ch’egli non mettesse in opera il suo disegno, e non vi pensai più. Intanto al 1.° Novembre corrente, recandomi all’ospedale, mi ricordai di lui; e, siccome passavo dinanzi al suo portone, entrai».

   «Il signor Terrier è in casa?» domandai al portinaio.

   «Ah, signor Dottore! – esclamò il portinajo che m’aveva riconosciuto – il signor Terrier ieri sera si è bruciato le cervella nel momento che il tocco di mezzanotte suonava al suo orologio».

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   Prima che il nome del banchiere Denèchaud (quello stesso che il mese scorso se l’è svignata da Parigi) sia avvolto nell’oscurità e nel silenzio, citiamo un grazioso tratto del suo cassiere e collaboratore.

   Il giorno prima del dì ch’egli avea fissato per l’eclissi totale della sua persona, egli disse al suo cassiere:

   «Che somma abbiamo ancora in deposito alla Banca di Francia?».

   «Ottantatremila franchi».

   «Andate a ritirarli, e portatemeli, perché domani ho da fare un gran pagamento».

   «Uhm!… – pensò il cassiere tra sé, e s’incamminò verso il palazzo della strada Vrillere – Ciò mi pare non regolare; ci è del torbido. Domani non è giorno di scadenza. C’è qualche mistero sotto!».

   Quando su fu impossessato degli ottantatré biglietti da mille franchi ognuno, tenne tra sé il seguente monologo:

   «È chiaro che il mio onorevole principale si apparecchia a rubare ai suoi azionisti. È lungo tempo ch’io brucio di veder l’Inghilterra, e questo, io credo, il momento di partire per Londra».

   Due ore dopo, il cassiere partiva per Boulogne.

   Scorso qualche tempo, il banchiere Denèchaud aspettava con ansia il ritorno del suo cassiere.

   Allorché fu convinto della cosa, esclamò:

   «È permesso d’abusare fino a questo punto della confidenza d’un galantuomo? La coscienza… la probità… i rimorsi… Parole!… Oh! gli uomini, io li disprezzo».

   E il giorno dopo, partì per Brusselle recando seco il danaro dei suoi clienti e dei suoi azionisti, meno gli 83,000 franchi che sapete.

   La settimana scorsa si sono venduti i suoi mobili, tra cui erano tre casse, in ciascuna delle quali era scritto di sicurtà.

   Di sicurtà per lui, è possibile; ma per gli altri?

                                                                                FRANCESCO MASTRIANI