Nel Vico Lammatari alla Sanità si fa ancora all’amore come si faceva dai nostri progenitori, vale a dire alla distanza di venti passi e col permesso de’superiori. Non par vero che in questo prodigioso e già vecchio secolo in cui siamo, e nell’anno 1867, ci sieno ancora de’mammiferi che facciano all’amore dal balcone o dalla strada. Questo sistema si tollerava ne’tempi in cui l’amore era cieco; ma oggi la cosa è diversa; oggi l’amore deve avere quattr’occhi e non più di quattr’occhi.
Conosciamo due innamorati nel detto Vico Lammatari, i quali appartengono al secolo passato. Questi due innocenti Partenopei mettono il rispettabile pubblico nella intimità delle loro confidenze; imperciocchè conversano a tale distanza che sono costretti a gridare per sentirsi l’un l’altra; e così passanti e i vicini sono ammessi a partecipare di quegli amorosi dialoghi. Vogliamo regalare a’nostri lettori un brano di conversazione che carpimmo l’altra sera tra questi due pastorelli:
«Il mio cuore è tutto tuo, idolo mio – dicea sospeso a’bastoncelli del balcone il pastorello di Lammatari. Le donne idoli sono rimaste solamente nel Vico Lammatari – E tu, idolo mio, vuoi darmi il tuo cuore?»
«Uh! solamente u core! – esclamava l’ingenua ragazza della Sanità – nun nsulo u core, ma tutte cose te voglio dà».
O ingenuità donnesca! bisogna andare nel Vico Lammatari per ritrovarti!
«Idolo mio – diceva indi a poco il Lindoro – Guarda che bella luna ci è stasera! Oh! come saremo felici quando andremo noi due a braccetto per le vie!».
«Sì! solamente per le vie! Pure per la casa avimmo dà ire a braccetto!»
«Hai potuto persuadere tuo fratello?».
«Niente! È na capa tosta lo prevete! Aggio piagnuto tutta la santa settimana senza ricavarne niente».
«Tuo fratello è un barbaro! È nu crudele!».
«Uh! si sapisse mo comme sto schiattosa! Io me sento la vocazione de maretarmi, e lu preveto non ne vò sapè ncuorpo, e vò ca io pure non ne aggio sa sapè ncuorpo de matremmonio».
(Parole testuali)
⁂⁂⁂
Nella Sezione Pendino, e propriamente accosto alla fontana del Catafalco, è una friggitrice di zeppole a nome Zennà. La puzza dell’olio fritto ammorba tutto quel vicinato nelle ore della sera. Quelli che si trovano a passare di là sentono il bisogno di turarsi le nari. Ora, immaginatevi con che gusto hanno da assaporare gli effluvi zeppolosi i vicini abitatori.
La Zennà vanta l’onore di avere un marito camorrista, che trovasi ora nelle galere per avere, anni sono, tagliata la testa d’una vecchia vinaia, la cui casa egli svaligiò e saccheggiò interamente.
Un altro friggitore di zeppole, appestatore de’vicini, è un tale per soprannome addimandato Confessore, che pone la sua baracca al canto del Vico Neve al Pendino.
Denunziamo al Vice-Sindaco di questa Sezione, una vinella messa nel palazzo N.° 9 al Largo della Zecca dei Panni. Tutto ciò che ci è di più lurido al mondo vien gittato in questa vinella, da cui partono le più mefitiche esalazioni capaci di richiamar sul paese il cholera e peggio.
FRANCESCO MASTRIANI