Una solitaria gondoletta sfiorava leggermente le acque basse della Brenta in una temperata sera di està dell’anno 1816.
Non si udiva colà suono alcuno se togli il tonfo misurato de’remi sulla superficie delle onde, ed il lagno delle aure peregrine che increspavano quelle lucide acque. Un giovine stava in quella gondola atteggiato in profonda tristezza: i suoi occhi erano fissi ad una nugoletta che passeggiava sotto la volta di zaffiro del cielo di Venezia: fors’egli vi cercava un malinconico ricordo, vi careggiava una fantastica idea: forse quel bianco velo che si svolgeva e si piegava sperdendosi negli azzurri campi dell’aria gli pingeva alla mente notti più belle ancora, lune d’un più dolce splendore; forse fantasticava… poetizzava.
Un fresco spiro occidentale sollalzava sulla fronte di quel giovine un ciuffetto di morbidi capelli.
Quel giovine era il cantore delle tempeste e degli amori, l’autore del Corsaro, del Don Juan, del Marino Faliero, egli era… LORD BYRON.
Tutta Venezia conosceva Giorgio Byron, quest’uomo straordinario, questo gran poeta avea pieno di sua fama l’Europa; i più grandi uomini dell’epoca reputavansi onorati se potevano essere ammessi a visitarlo; ogni donna teneasi superba d’un suo sguardo, d’una sua parola; ma il poeta sublime, al dir di Janin, erasi compiaciuto di distruggere tutte le illusioni che circondano una donna; ne avea renduto un cadavere; avea diseccato questo cadavere sino all’ultima fibra; avea distrutto l’idolo suo,… avealo inaridito. Essendosi abbandonato con eccesso ad ogni sorta di piaceri, egli ne percorse ben presto il limitatissimo circolo; fu questa la cagione di quella eterna noia che consumò la sua vita. Byron prese ad imitare il D. Giovanni di cui fu l’autore, o per meglio dire, per dipingere al vivo la vita di quel personaggio ideale travolto in dissolutezze ed orgie, s’identificò egli stesso in quella tremenda creatura della sua fantasia. Quando la giornata era scorsa in amori e gozzoviglie, usciva la sera dal suo magnifico palagio di marmo posto sulla riva della Brenta, e solitario, malinconico si aggirava su quelle acque de’Dogi e dei Bravi. Quelli erano i momenti, ne’quali l’uomo grande scavava in quella voragine uno sguardo di angoscia e di disperazione: allora egli si sdegnava contro sé medesimo, contro l’uomo; malediva la donna… Allora egli abbozzava nella mente i passi più tristi e più sublimi de’suoi poemi, i pensieri più terribili delle sue stanze.
Sepolto in quella cupa tristezza in cui l’immergeva la solitudine dopo il tumulto delle passioni e de’piaceri, Lord Byron perdeasi con la mente in quella nube, i cui bizzarri movimenti erano in accordo co’suoi pensieri e le cui malinconiche tinte così ben si addicevano allo stato della sua anima… Ed ecco… una subitanea viva fiammella delle onde [1], accompagnata da un sordo mormorio, il distoglie dalle sue fantastiche meditazioni; una gondola gli si ferma dinanzi, ed una giovinetta che in quella stava, gentilmente il saluta: Byron è restato sorpreso, incantato: in fatti non mai più bella donna avea egli veduta. Un leggiero cappellino di paglia le covriva la candida fronte, e coronava due ciocche di neri lucidi capelli inanellati all’inglese, che risaltar vieppiù faceano la dolce pallidezza della fisonomia: svelta erane la persona, grazioso il portamento, vivace lo sguardo. Byron non può ristare d’ammirarla; soltanto nell’ispirazione de’suoi primi anni avea veduto il modello ideale di quella donna con la sua calda fantasia.
Assuefatto a tener dietro al primo impulso del suo cuore, e a non trovar mai resistenza a’suoi desiderî, il poeta Inglese accosta la sua gondola a lei, e le dice: Donzella, sei tu forse un sogno che inganna la mia ragione? Al che la fanciulla rispondeva in inglese, esaltando la gran fama del poeta, per cui era quivi soletta venuta per vederlo nelle sue notturne passeggiate. La maraviglia ed il piacere di Byron sono al colmo. Dopo tanti anni di volontario esilio dalla diletta patria, il suo orecchio è di nuovo blandito dall’accento del suo idioma, e colei che ne ha pronunziato le frasi espressive è nato sotto il cielo della Vecchia Inghilterra. Un torrente di rimembranze gli si affollano alla mente: una lagrima gli spunta alle ciglia.
Ogni sera questi due amanti si vedeano sulla Brenta; la giovine incognita tenea sempre la sua gondola ad una rispettosa distanza da quella del grand’uomo, il quale non si mostrava verso la superba compatriotta che sommamente riservato, benché molto amoroso. Byron amava questa incognita per la poesia che attaccava alla vana esistenza di lei, pe’ricordi che ella destava nell’animo dell’appassionato Cantor di Parisina.
Ogni sera, alla stessa ora, le due gondolette si salutavano, si avvicinavano, e i due giovani restavan sulle acque moltissimo tempo a conversar piacevolmente.
Byron amava… forse per la prima volta.
Sulla riva del fiume, sporgente da un ricco palagio di marmo, è una solitaria terrazzina che metteva sovra una bella villetta ombreggiata da alberi pensili e da salici piangenti.
Quivi vedeansi alcune statue del Bonaroti e del Cellini: un’eletta famiglia di fiori vi spargea la freschezza e il profumo.
In questo luogo romito ed ameno, senza uscire dal suo ricco palagio, il gran poeta inglese solea di buon mattino venire a passeggiare qualche ora, innanzi di chiudersi nel suo stanzino di acconciatura, dove solea restar moltissimo tempo massimamente per pulirsi le mani, di cui quel grand’uomo aveva una cura ed un amore particolare.
Una mattina egli facea la sua solita passeggiata in questa villetta. Più malinconico dell’usato egli era concentrato in un pensiero che parea torturarlo; epperò con gli occhi immobilmente fissi al suolo, con le braccia incrociate, egli misurava a lenti passi i lunghi filari di alberi che agitavano le loro scinte chiome alla brezza ispiratrice del veneto mare. Ad un tratto egli si ferma… Poco discosto da lui stava la bella incognita dietro una macchia di cespugli; e il contemplava a passeggiare… Byron fece atto d’impazienza e di rabbia, e si allontanò.
Da quel giorno il poeta più non comparve agli usuali ritrovi della sera.
Quella donna erasi innamorata perdutamente del più terribile e strano ingegno della Inghilterra, e non sapea che era delitto sommo verso di lui il vederlo a passeggiare a piedi.
Byron era assai vano della sua persona, ma sventuratamente il grand’uomo era zoppo.
FRANCESCO MASTRIANI
[1] NOTA – Questo fenomeno di STORIA NATURALE non è raro nelle acque dell’Adriatico; e si suppone che sia prodotto da un immenso numero d’impercettibili pesciolini fosforici, i quali sovente segnano sulle acque una striscia di così chiara luce, che chi si trovasse a poca distanza da essa, potrebbe leggere comodamente nella notte più fitta. E, inoltre, gratissimo spettacolo presenta questo fenomeno in sulle spiagge, dappoiché le onde infrangendovisi, le covrono di queste vive ed abbaglianti scintille.