Nella nostra opera I Vermi parlammo in due volumi di quella sciagurata classe di donne che, precipitate dalla miseria o dal vizio nel baratro della infamia, formano un incessante pericolo alla morale ed alla salute della civil società. noi toccammo di questo dilicato subbietto quella parte che più particolarmente interessa i nostri costumi; e additammo le precipue cagioni che inducono le figlie del popolo ad abbandonare le vie dell’onestà. Mancava pertanto un lavoro speciale inteso a rischiarare gli ufficiali della Pubblica Sicurezza su questa importante branca dell’ordine pubblico; e siam lieti di annunziare che un accurato lavoro su tal subbietto è in via di pubblicazione. E quando avremo detto che l’autore di questa opera è lo stesso direttore dell’Ufficio Sanitario di Napoli sig. Francesco Poggiali, avremo fatto comprendere che l’opera non lascerà nulla a desiderare, per quanto da’primi fogli di stampa venuti già a luce ne è dato giudicare. Il libro ha per titolo Manuale del funzionario di Pubblica Sicurezza pel servizio degli Uffici Sanitarii del Regno d’Italia.
Il signor Poggiali, già fin dal 1866 strenuo ed intelligente funzionario di P. S., adempie con rara prudenza e con sensi umanitarii il difficile incarico a lui affidato. E questo suo elaboratissimo Manuale fa testimonianza dello studio indefesso e dello zelo ch’egli pone nello esercizio della sua carica.
Riserbandoci di parlare più distesamente dell’opera quando sarà giunta al suo termine, non possiamo per ora che raccomandarla a tutti gli ufficiali di P. S., a cui può tornare sommamente utile per la tutela dell’ordine pubblico e della pubblica salute.
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Ripullula in Napoli la classe degli accattoni. Richiamiamo l’attenzione dell’autorità di P. S. su questa antica verminazione del nostro paese.
Richiamiamo pure l’attenzione dello egregio Questore su i giuochi clandestini che in certe case inghiottono le sostanze de’gonzi.
A tal proposito ci si permetta ricordare quanto scrivemmo nella prefazione della recente nostra opera I figli del lusso:
Quanto più alte sono le sfere in cui si aggirano i FIGLI DEL LUSSO, tanto più pericolose riescono le loro insidie alla società, che sembra non diffidare di quelli che vestono con ricercatezza e portano alle mani guanti color Tortorella. Ciò non pertanto, se la società non avesse visceri di tenerezza per certe classi dovrebbe vergognarsi di stringere certe mani che non sono meno spregevoli di quelle del ladruncolo che ruba il moccichino, del grassatore che sforza la serratura, del falsario che contraffà l’altrui tuoni.
Il Lusso, al pari della Miseria, è causa di mali infiniti e gravissimi che affliggono l’umana società; colla differenza che, dove su questa è teso costantemente l’occhio della vigile autorità preposta al mantenimento dell’ordine sociale, quello è lasciato immolestato nelle sue transazioni; e né le questure, né i codici penali, né le Corti di Assise sembrano per lui create. La Miseria ha questo di deplorabile, che travolge nello stesso fango lo sventurato e il malfattore; mentre nella profumata atmosfera del Lusso si adagia su soffici morbidezze tanto il nervoso aristocrata, che si batte in duello se altri pensa soltanto di non credere alla purezza del sangue cilestre che scorre nelle sue vene, quanto il baro, il cui lustro gli viene da una carta da giuoco abilmente sottratta.
Mostro divoratore, il Lusso divora l’onore quanto non ha più sostanze da divorare: esso ingoia ogni anno ne’suoi baratri di velluto e di seta migliaia di vittime: nel suo altare, dove fumano incensi inebrianti, vengono sacrificati i più virtuosi e nobili istinti, le aspirazioni più pure, i più sacri affetti del cuore. dove regna il Lusso, ivi la società è corrotta, inerte e schiava. Roma e Sparta caddero sotto il giogo del più avvilente dispotismo, allorché si abbandonarono alle mollezze asiatiche ed al lusso.
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Martedì 2 e giovedì 4 ebbero luogo le Corse di cavallo al Campo, divertimento di cui sembrano assai ghiotti i tenenti, cioè i ricchi. Infatti, giovedì, immenso fu il concorso delle eleganti damine e dei leoni canonici, i quali gareggiarono nel far pompa di splendidi cocchi.
E voi altri nullatenenti, pitocchi, miserabili, veniteci a parlare di miseria! Non vedete che noi gittiamo l’oro dagli sportelli delle carrozze?
Un tiro a sei martedì volea rompere la fila delle carrozze, ma una guardia municipale obbligò que’tenenti a rispettare gli ordini delle autorità. Presso l’orto Botanico un’altra carrozza, non sappiamo se anche fosse un tiro a sei, mise sotto i cavalli una guardia municipale che volea far rispettare la consegna. I tenenti furono arrestati.
Intanto, mentre sii dispensano premi a’cavalli, tante famiglie mancano di pane!
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L’egregio emigrato romano professor Raffaele Carboni ha pubblicata la sua Ceciliana, lavoro musicale che risponde allo ingegno dell’autore di varie opere letterarie lette con molto interesse. Il Prof. Carboni, benemerito cittadino e letterato, è ben degno che sia incoraggiato. La detta opera è vendibile presso Giorgio del Monaco e C.° Editori Musicali, vico S. Maria delle Grazie a Toledo N. 24 e 25.
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Un professore dimorante in Rimini scrive di aver ricevuto da Napoli una lettera in cui uno che si dice suo compare gli fece spendere dodici soldi di posta per dirgli che desse un bacio a’suoi ragazzi (il professore non ha figli) e gli mandasse tre numeri per la prossima estrazione del lotto – Probabilmente fu questo un Pesce di Aprile.
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Un altro giornaletto di amenità-letterarie-artistiche col titolo Il Parini ha cominciato le sue pubblicazioni sabato scorso. Auguriamo al nostro collega un buon dato di soscrittori.
Il giornale La Partenope, che già annunziammo, ha pur cominciato le sue pubblicazioni domenica ultima.
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«Marchesa, i miei ossequi. Come si diverte?».
«Oh molto!… è proprio un ballo animatissimo».
«A proposito, e le sue signorine figlie?».
«Sono a casa con la cameriera e con gli altri famigliari».
«Potea menarle seco… due giovanette vispe, graziose…».
«Finchè son giovane io, tocca a me divertirmi; quando sarò vecchia, e ci è anche tempo, allora manderò a divertirsi le figlie».
«Bravo! marchesa, così si fa; non parlo più».
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Sentiamo che il baritono nostro fratello Raffaele Mastriani sia stato scritturato pel teatro Bellini, e che canterà primamente nella Jone del Petrella.
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Assistemmo domenica a sera ad una rappresentazione data dagli alunni dello Istituto Lamarque, al palazzo Maddaloni. In apposito grazioso teatrino, in una sala rischiarata da elegantissima lumiera, quegli strenui giovanetti rappresentarono il dramma intitolato I martiri d’Otranto. Nel tributare i meritati elogi a que’giovani alunni per lo zelo spiegato da ciascuno nella recita della propria parte, mancheremmo a un debito di giustizia se non facessimo rimontare le nostre lodi al direttore signor Pasquale Lamarque, che tanto ha a cuore l’educazione e l’istruzione della gioventù affidata alle sue cure, non risparmiando né a fatiche né a spese.
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In una delle sere della scorsa settimana, la filodrammatica Compagnia Pappacena eseguiva sul teatro la Fenice la tragedia di Alfieri Saulle. Benché troppo arrischiato fosse il cimento non parendoci che il coturno possa calzarsi da giovani dilettanti, pur nondimeno la più severa critica fu costretta a riconoscere in que’valorosi filodrammatici una non comune attitudine al tragico verso.
Si distinsero in ispecial modo i signori Pappacena, Vacchiano e Fabbri Attilio. Vorremmo pertanto che queste compagnie accademiche si associassero sotto una comune e intelligente direzione, e si proponessero il buono avviamento all’arte drammatica.
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Raccomandiamo ai padri di famiglia il nuovo Liceo diretto da’signori Guadagni e Rossi. La bontà e la comprovata efficacia de’metodi d’insegnamento, le cure amorose onde i due prelodati direttori sorvegliano il buon andamento dello Istituto, la scelta de’professori insegnanti; tutto, insomma, offre le più sicure guarentigie d’una salda istruzione e di una educazione qual si addice alla nostra civilissima età.
FRANCESCO MASTRIANI