Si riaccende l’attenzione sull’opera dello scrittore: «Il mio cadavere», del 1852, inaugurò un genere.
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Sosteneva Borges che ogni generazione rifà i conti con la storia costruendosi i suoi antenati. Così deve essere anche per il giallo italiano, che per decenni ha scoperto di avere sempre nuovi padri, contrariamente alla tesi quasi unanimemente accettata per il thriller di cultura anglosassone, che ha individuato il suo antenato nobile in Edgar Allan Poe, con i due racconti che hanno per protagonista l’investigatore Auguste Dupine: «I delitti della Rue Morgue» (1841) e «La lettera rubata» (1844).
L’Italia dei misteri ha anch’essa un cuore antico, che risale sicuramente alla grande esperienza del feuilleton francese metà Ottocento. Da noi, una ispirazione particolarmente sanguigna slittò quasi subito dal romanzo popolare a quello criminale. Così, se finora la primogenitura del genere spettava, a detta dei critici, a Emilio De Marchi con «Il cappello del prete» (1887), ulteriori ricerche puntano a retrodatare l’evento al 1852, anno di pubblicazione del romanzo «Il mio cadavere» del napoletano Francesco Mastriani, uscito a puntate sul quotidiano «Roma» [1] e l’anno dopo in volume presso l’editore Rossi di Genova [2]. Paternità appena un po’ forzata visto che quasi tutti i feuitellonisti italiani potrebbero rivendicare lo stesso primato. I nostri romanzi d’appendice sono quasi tutti un impasto di cronaca nera e giudiziaria, condita con una forte denuncia dell’emarginazione sociale. Dalla Scapigliatura milanese arriva «La mano nera» di Cletto Arrighi (1883), dal papà di Pinocchio Carlo Collodi «I misteri di Firenze» (1857), da Carolina Invernizio il celebre «Bacio di una morta» del 1878, mentre il suo primo poliziesco è il mediocre «Nina, la poliziotta dilettante», ma siamo già nel 1909, lo stesso anno in cui Luigi Natoli pubblica «I Beati Paoli».
È comunque un omaggio a un maestro dimenticato la riscoperta di questo noir e la decisione di inaugurare proprio con «Il mio cadavere» (pagg. 314, 12,90 euro) la collana di Gialli Rusconi, che riprende una vecchia tradizione interrotta con le vicissitudini della casa editrice. Una elegante veste editoriale e un nuovo responsabile, Divier Nelli. Scrittore di genere anche lui, innamoratosi a prima vista di questo intenso romanzone ambientato in una cupa Napoli del 1826. Quattro i protagonisti: un giovane maestro di musica assetato di ricchezza; una ragazza orfana che deve badare a quattro fratelli; una bella ereditiera spagnola; un baronetto dissoluto e divorato da un’ossessione. Il talento di Mastriani, riconosciutogli da illustri ammiratori come Benedetto Croce e Matilde Serao, sa ancora convincere intrecciando storie e complotti alla Dan Brown (vedi nel libro i misteriosi Cavalieri del Firmamento). Quasi un centinaio i titoli di questo scrittore prolifico, notissimo per «La cieca di Sorrento» (1852), ma di cui va ricordata soprattutto la quadrilogia che è davvero la sintesi di un protonoir popolare, con l’ambizione di offrire al lettore un affresco completo di vita partenopea («I misteri di Napoli», «I vermi», «I figli del lusso», «Le ombre».
Purtroppo, ciò che ha finora negato a Mastriani una meritata fama contemporanea è la sua lingua preunitaria, macchinosa e invecchiata precocemente. Scovato da Nelli in un mercatino di libri usati, «Il mio cadavere» ha subito così un leggero restyling che ha appena rinfrescato il testo, cancellando i segni lasciati dal tempo. «So che qualche purista storcerà il naso – dice Divier Nelli autore del lifting – io invece sono convinto di aver dato una spolverata a un grande classico che, così riproposto, piacerà ai lettori di oggi e non solo a pochi specialisti».
Ma Mastriani e il suo «Cadavere» sono solo l’esordio di lusso di una collana che non ripercorrerà, come l’originale collana Rusconi, i grandi classici stile Christie e Conan Doyle. «Oggi puntiamo sul giallo contemporaneo declinato in tutte le sue sfumature – anticipa Nelli – Scrittori italiani emergenti e stranieri di successo mai tradotti, passando per il genere più scanzonato alla Lansdale e le contaminazioni del political thriller».
SANTA DI SALVO
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[1] Il romanzo venne pubblicato a puntate non sul «Roma», ma sul giornale «Omnibus», dal 13 dicembre al 31 dicembre 1851, e dal 3 gennaio al 24 aprile del 1852 (nota di Rosario Mastriani).
[2] La prima edizione in volume fu della Tipografia dell’ Omnibus, di Napoli, nel 1852, l’edizione di Dario Giuseppe Rossi di Genova, fu del 1855 (nota di Rosario Mastriani).
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SANTA DI SALVO è giornalista e scrittrice. Ha lavorato per quotidiani e settimanali, ha collaborato a varie riviste del settore enogastronomico.