«Le grandi ingiustizie si pagano dalla società. Un giorno, il proletario di campagna pensò. Quando l’ignorante pensa, è sempre un guaio. Naturalmente il suo primo pensiero fu una COMPARAZIONE. Da quel giorno surse il flagello delle campagne, il BRIGANTAGGIO».
Con questo pensiero, con il quale l’autore cerca di spiegare la nascita del brigantaggio, inizia il lavoro letterario Cosimo Giordano e la sua banda, che riproponiamo integralmente, senza modificarne la forma originale della sua prima ed unica edizione, in appendice sul giornale Roma di Napoli, dal 24 settembre al 3 dicembre 1886 in 70 dispense. È uno dei 32 romanzi scritti da Francesco Mastriani che non venne mai stampato in volume, ed era quindi da considerare un lavoro inedito. Ci ha pensato l’editore Vincenzo D’Amico, nel novembre dell’anno 2019, a pubblicarlo, per la prima volta, in volume.
Questo romanzo storico, lo si può valutare l’unico di Francesco Mastriani, che tratta interamente della tematica del brigantaggio post-unitario, piaga che infestò quasi unicamente le regioni centro-meridionale della penisola, ed in particolare quelle che avevano fatto parte del Regno delle Due Sicilie.
In tutte le biografie che studiosi di ogni epoca hanno dedicato a Francesco Mastriani, lo si dà, in modo erroneo, anche come autore di un altro romanzo che ha come soggetto il brigantaggio e cioè Amori e delitti dei briganti Cipriano e Giona La Gala, mentre a scriverlo fu il figlio dello scrittore, Filippo.
Il romanzo in oggetto narra le gesta di un personaggio realmente vissuto. Cosimo Giordano, figlio di un campagnuolo; nacque a Cerreto Sannita nel beneventano, nel 1839, divenne capo di una banda di briganti, dopo che era stato capitano dell’Esercito del Regno delle Due Sicilie. La sua figura è connessa alla strage di 40 soldati piemontesi e 4 carabinieri a Casalduni e Pontelandolfo, che ebbe come conseguenza la strage di civili ordinata dal generale Enrico Cialdini ai danni delle popolazioni dei due comuni.
Cosimo Giordano morì nel 1888 nell’isola di Favignana, dove era detenuto, essendo stato condannato ai lavori forzati a vita.
Rosario Mastriani