Nei primi capitoli i nomi di alcuni personaggi, fanno pensare essere il presente, un romanzo comico (Franco delli Stracci, un seduttore; Giulio del Pomello, un cavallerizzo); invece, come fa notare anche Guardiani nel suo commento, ma il disegno dell’autore era ben altro…la parabola dell’uomo ricco, prima scellerato e poi redento dal lavoro. È di uno dei protagonisti della storia, il conte Filippo Nardoni, il muscolo cavo, il cuore umano. E nello spiegare questo confronto, Mastriani fa riferimento ad un periodo della sua vita: «Quando io studiava l’anatomia nello spedale degl’Incurabili, il professore dottore Nunziante Ippolito cominciò una mattina la lezione sul cuore dicendo: Signore, come vedete il cuore è UN MUSCOLO CAVO. Il conte Filippo di sant’Arnone avrebbe presentato un bel soggetto per dimostrare questa tesi».[1]
Il perché il cuore diventa un muscolo cavo la dà lo stesso conte Filippo: «L’ozio, la noia, i figli della ricchezza, aveano fatto del mio cuore un muscolo cavo, cioè un cuore che non si commovea per nissuno affetto in questo mondo».[2]
Altra figura di spicco di questo romanzo, la baronessa Leila, una bellissima donna di trent’anni, per cui l’autore non manca di evidenziare una sua particolare predilezione per le donne di quest’età, come ha già fatto in altri suoi romanzi ed articoli di giornali. «La baronessa era proprio in quella epoca della vita che è la vera poesia, il vero incanto: aveva trent’anni o in questi dintorni». [3]
Nell’articolo pubblicato sul settimanale La Domenica, ci troviamo scritto: «Perdonate se fo questa prefazioncella per dirvi che, tra le donne, quelle in cui trovo maggior poesia e che hanno per me attrazioni invincibili, sono le donne arrivate alla età di trenta anni».[4]
Per Mastriani, Lelia è un bel nome, e in questo romanzo, come anche in altre occasioni, lo scrittore non manca di affrontare l’importanza dei nomi che vengono dati alle persone: «La faccenda de’ nomi non è di lieve importanza nella vita. Spesso la buona o mala sorte di un uomo dipende dal suo nome»[5]
Nell’articolo I nomi di battesimo, Mastriani è molto esplicito su tale argomento: «Dunque si cominci dal badare un poco a questi nomi che debbono accompagnare una povera vittima lungo il viaggio della vita, e che potrebbe essere un continuo rimprovero, un’antitesi perpetua, una ironia sanguinosa».[6]
Nel romanzo troviamo un tema molto caro a Mastriani, quello che riguarda i duelli, pure portato avanti in altri suoi lavori. Chiaro è il suo pensiero decisamente contrario a questa pratica cavalleresca, «perché domandiam noi, nella nostra società si accetta il duello? Per paura della pubblica opinione di essere chiamato vile».[7] Il conte Filippo lo considerava una sanatoria: «accetto questo pregiudizio, perché non voglio aver il torto di aver ragione quando tutti hanno torto» [8]
Viene citato anche un pensiero di uno dei suoi autori preferiti: «Ci perdonino i lettori se chiudiamo questo malaugurato subbietto col ricordare le belle parole del profondo filosofo ginevrino Giangiacomo Rousseau»[9].
La protagonista del romanzo è Sofia, una trovatella; infatti questo romanzo è stato pubblicato con due titoli: la prima volta nel 1876 per Gargiulo Editore, con «Un muscolo cavo», e nel 1879, per Regina Editore con «La trovatella». E Sofia è un nome molto caro allo scrittore: tale era il nome di sua figlia, morta all’età di 32 anni di meningite, e anche una sua nipote, figlia del suo primogenito Filippo, aveva tal nome. E Sofia fu d’aiuto al nonno quando egli, colpita da quasi cecità, le dettava i suoi romanzi!
Quasi nulla i riferimenti storici, del resto la trama del romanzo si svolge in un contesto abbastanza tranquillo della storia italiana, nel 1863, quella del post-risorgimento italiano. Cita l’allora imperatore dei francesi Napoleone III. «Eravi il principino di Montestasi, gentiluomo che godea la riputazione di essere una grande mente politica, solo perché parlava poco e sogghignava molto. Napoleone III era lo stesso. I suoi infiniti adulatori il dissero la prima mente politica in Europa, perché parlava pochissimo».[10] E sempre a riguardo i francesi, non manca come al suo solito, di una critica verso questo popolo: «quantunque egli venisse dalla capitale della Francia, che Vittor Hugo si ostina ancora a chiamare il cervello del mondo. povero mondo, se avesse un tal cervello! Sarebbe il caso di mandare il mondo al manicomio».[11]
Viene citato anche il musicista Giuseppe Verdi, a quell’epoca molto acclamato nel nostro paese: «Si comprende che tra le musiche moderne davasi la preferenza a quelle del Verdi, il maestro alla moda… e tutti più o meno estollevano alle stelle questo maestro compositore, a petto del quale il Rossini, il Donizetti, il Pacini, il Bellini non erano che pallidi astri nell’orizzonte musicale».[12]
Anche in questa narrazione Mastriani non manca di esprimere il suo poco gradimento verso i portinai: «Per una sua singolarità, non avea mai voluto tenere un portinaio – Non voglio tenere una spia pagata – egli solea dire a questo proposito».[13]
Infine una curiosità matematica, relativa al patrimonio in denaro che possedeva un banchiere ebreo: «Se volete contare un miliardo di lire, contando una lira ogni secondo, impiegherete per questa operazione la miseria di anni 31, mesi 8, giorni 11, minuti 21 e secondi 13, purché non vi riposiate un sol secondo».[14]
ROSARIO MASTRIANI
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[1] Francesco Mastriani, Un muscolo cavo, Napoli, L. Gargiulo, 1876, vol. I. pag.34.
[2] Idem, pag.103.II
[3]Idem, vol. I. pag.10.
[4] Idem, La donna a trent’anni, su la «Rondinella», 26 giugno 1858, e su «La Domenica», 24 marzo 1867.
[5] Idem, Un muscolo cavo, Napoli, L. Gargiulo, 1876, vol. I. pag.14.
[6] Idem. La Domenica, 17 febbraio 1867.
[7] Idem, Un muscolo cavo, Napoli, L. Gargiulo, 1876, vol. II. pag.12.
[8] Idem, vol. I. pag.66.
[9] Idem, vol. I. pp. 12-13
[10] Idem, pag.22.II
[11] Idem, pag.67.I
[12] Idem, pag.39.I
[13] Idem, pag.56.I
[14] Idem. Pag.42.I
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A mo’di brevissimo commento si può dire che la parabola dell’uomo ricco, prima scellerato e poi redento dal lavoro, sta molto a cuore al Mastriani “socialista”. La parola fatidica ricorre anche nel romanzo (la baronessa Lelia dice al conte Filippo che potrebbe egli passare per socialista). È dovere di persona intelligente, per il conte Filippo, riconoscere che i ricchi natali non sono un merito e che l’unica forma di vita nobilitante corrisponde al lavoro ed alla solidarietà sociale.
Si deve qui registrare che lo strano patto tra il banchiere Isacco von Raisen e il conte Filippo di Sant’Arnone ha un antecedente ne I misteri di Napoli, ovvero nel patto stretto fra O’Masto e Cecatiello in cui appunto quest’ultimo, per “riconoscenza” si era dichiarato schiavo della volontà dell’altro.
Il tono e lo stile del primo capitolo del romanzo, ovvero la dimensione canzonatoria degli aristocratici incontrati a casa della Baronessa Lelia, faranno pensare a un romanzo umoristico ma, come ben si vedrà nei capitoli successivi e, soprattutto nella conclusione, il disegno dell’autore era tutt’altro.
Infine, una parola sul titolo. Il “muscolo cavo” è, naturalmente, il cuore indicato nella sua dimensione puramente meccanica, nella più completa assenza di sentimenti e passioni. L’uomo senza sentimenti è il conte Filippo di Sant’Arnone il quale appunto vive “meccanicamente”, cioè fisiologicamente, fino a quando la passione paterna, per la scoperta d’avere una figlia, non risveglierà l’umanità nascosta in lui. Non sembra sbagliato ritenere che, per Mastriani, l’ “indifferenza” sentimentale sia una conseguenza della ricchezza senza meriti.
FRANCESCO GUARDIANI