Erano le otto antimeridiane del 23 settembre 1867, e lo sventurato genitore Pasquale Colucci perdeva l’ottavo figlio rimastogli, Luigi giovinetto diciottenne possedeva tali virtù e talenti, che era già l’onore della patria e il decoro della famiglia. Egli ancor fanciullo con mente calcolatrice e con giudizio prematuro senza aver cognizioni di aritmetica faceva qualunque operazione numerica. E studiando poi la matematica progredì in tal modo da comporre un trattatino di algebra. Datosi quindi allo studio commerciale, vantaggiò tanto nella scrittura doppia da comporne un libro, riceverne elogi nei giornali e medaglie dell’Istituto tecnico. E di quindici anni già dava lezioni di aritmetica, di algebra e di commercio gratis ai suoi compagni, e ricevendo piccolo compenso da chi lo invitava per istruirsi. Applicassi anche al disegno, all’inglese ad al francese, dopo aver studiato il latino e l’italiano. Ed in quest’ultimo idioma giovinetto ancora compose una farsa ed un dramma, i quali rappresentategli produssero degli applausi ed un articolo nella Gazzetta Teatrale di Napoli del 7 febbraio espresso in questa guisa: «Sere or sono eravamo tra gli spettatori del Teatro Partenope, ove si rappresentava Luigi Rolla e molti applausi meritò il protagonista. Indi vi fu una nuova farsa del giovine Luigi Colucci, che piacque molto, e nell’istesso tempo ci sorprese, allorché chiamato al proscenio l’autore vedemmo un giovinetto di 12 anni. Non potremmo far di meno di aggiungere anche i nostri sinceri applausi ed incoraggiare questo caro giovine onde progredisca in tal genere, di cui pur troppo ne deploriamo l’attuale povertà, e che voglia col suo studio aggiunto al precoce suo ingegno arricchire le nostre scene nazionali».
Quantunque di non valida salute, non cessava mai di passare molte ore nello studio, e per diletto si occupava talvolta a fare dei lavori meccanici con somma esattezza.
Affettuoso con la propria famiglia e con i parenti, rispettoso con gl’istitutori, leale con i pochi onesti amici, adempiva esattamente ai doveri di cristiano, di figlio e di studioso con nobile contegno e con pura religione. Nella declamazione e nella musica si esercitò bastantemente, facendo bella figura nelle scelte società.
Noi che pubblicammo in prosa ed in versi la biografia del fratello (che laureato in architettura al 22 anno compiva la gloriosa carriera), col massimo duolo volgiamo una parola di conforto ai dolenti genitori. Possa la loro vita angosciosa calmarsi alquanto, pensando che se morta immatura gli orbò di cari e buoni figli, furono almeno esenti dai mali e dai pericoli, di cui questo perverso secolo abbonda.
X X.
FRANCESCO MASTRIANI