«Un altro grazioso sonetto, a rime obbligate, fece nell’anno 1864 in casa del suocero-cugino Raffaele.
Le rime erano addirittura impossibili, e facevano a calci col tema del sonetto, che nientedimeno fu Aspromonte.
Ed ecco ciò che egli scrisse in pochi minuti» [1]
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Di don Luigino [2] il misterioso naso
Di Zì-Peppe [3] volea turar la bocca;
E per vincer la puzza di quel vaso,
D’Aspromonte guardava alla gran rocca.
Quel terribile nome ei volea raso
Che fatto avea dell’unità la nocca;
Dall’Eliseo, imperial Parnaso,
L’infausto dardo a Garibaldi ei scocca.
Ma il sire dei francesi che è uno struzzo
Mal si avvisò di tempestar la nave;
E, invece del nocchier, colpì un merluzzo.
L’Italia tracannava il rio bicchiere;
Ma vive ancora l’eroe, e speme egli ave
Di dare a Luigi un calcio nel paniere.
[1] FILIPPO MASTRIANI, Cenni sulla vita e sugli scritti di Francesco Mastriani, Napoli, L. Gargiulo 1891, cap. V, pag.
[2] Probabilmente faceva allusione a Luigi Napoleone.
[3] E qui a Giuseppe Garibaldi.