«Ad un amico che lo vessava in tutte le ore perché gli avesse scritto qualche cosetta in un libro di autografi classici, mio padre, per levarselo d’attorno, scrisse il seguente sonetto» [1]
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Tu vuoi che scriva qualche cosa anch’io
In questo stuolo di bei nomi eletto?
Ma che dirò, che scriverò, perdio,
In quattordici versi d’un sonetto?
Per appagar un sì gentil desìo
A lambiccar il mio cervel mi metto,
Chè sempre Apollo al verseggiar restìo
M’ebbi, e per questo un tal pensier dismetto,
Ma giacchè per metà veggo disteso
Il mio sonetto, piglio lena e dico.
Per aggiungere ai versi un po’ di peso:
Eccoti pronti i miei modesti carmi,
Che son buoni ad avvolger, caro amico,
I salami che pensi regalarmi.
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[1] FILIPPO MASTRIANI, Cenni sulla vita e sugli scritti di Francesco Mastriani, Napoli, L. Gargiulo. 1891, cap. V, pag. 87.