Mio caro Giovannino

   Se ne’ fastigi teatrali, in cui con mio sommo compiacimento ti veggo balzato, serbi un lontano ricordo dell’umile amico, che nel 1854 abitava in via S. Teresella delli Spagnoli n° 3, e che tu solevi quasi ogni giorno onorare di tue gradite visite, ardisco sperare che farai buon viso alla presente. Bada che io non ti scrivo per chiederti l’entrata gratis nel tuo teatro, che pure in tutt’i paesi civili suolsi concedere a’ giornalisti. Dacchè S. Carlo cadde dal suo prisco splendore, io non ci vado che raramente, e quando ci vado è proprio perché strascinatovi da qualche amico, che mi da un posto nel suo palchetto. Non sarei certo così gonzo da dare il mio danaro all’ impresa di S. Carlo. Io dunque non ti scrivo per me. Ho fatto la crudele esperienza che tutti quelli che saltano ai posti distinti di questo ridicolo teatro che dicesi mondo si bagnano tosto nelle acque del fiume Lete. Ciò non intendo dire di te, chè conosco il tuo cuore affettuoso e gentile. Oh se tu sapessi quanti acerbissimi disinganni ho provato dal 60 in qua! Oh se io scrivessi e pubblicassi le mie memorie, quante belle cose narrerei da far forse arrossare certe fronti che da umilissime e dimesse divennero altere e spudorate; e perciò dico forse, imperocchè quelli che ebbero il destro di afferrare le cime della ruota di fortuna nel bailamme della rivoluzione hanno perduto l’abitudine di farsi rossi.

   Veniamo a noi, cioè all’oggetto della presente lettera. Nella tua qualità di impresario non devi ignorare che è qui in Napoli un artista di canto, a cui i nostri concittadini fecero sempre buon viso; che parecchie volte calcò con lode e con plausi le scene di San Carlo e del Fondo; che cantò a fianco di una Tadolini in qualità di primo baritono; che venne applaudito dal pubblico di Milano, di Firenze, di Palermo, di Messina, di Foggia, di Berlino, di Amburgo, dell’Aia, di Amsterdam; che recentemente veniva accolto con applausi in sul suo primo apparire sulle scene del nostro teatro Bellini. Questo artista, questo baritono è ancora giovine; ha freschissima la voce; ed è stato sempre diligente, studioso e appassionatissimo dell’arte sua. Questo artista non ha che un sol difetto, difetto di famiglia, quello cioè di non sapere far di gomito per farsi avanti né scappellarsi o giocar di schiena dinanzi ai potenti ed ai ricchi. Questo artista, questo baritono si chiama RAFFAELE MASTRIANI, ed è mio fratello germano.

   Se le influenze che dominano da parecchi anni su le sorti del nostro massimo teatro, e che hanno fatto sempre guerra costante e accanita alla scrittura per S. Carlo di Raffaele Mastriani, ti permettono di pensare a quest’artista, pensaci un poco; e vedi se non è equità, giustizia, carità cittadina che un artista napolitano, sempre ben accolto e applaudito da’suoi concittadini, non sia costretto ad esulare volontariamente per trovare un collocamento ed un pane, siccome per nostra mala ventura, suole avvenire de’ più reputati ingegni del nostro paese. Mostra, mio caro Giovannino, che sul tuo animo retto e indipendente, sul tuo sano criterio e sul tuo amore pel natìo paese non hanno forza quelle tali influenze, che più su ti accennavo.

      Addio. Ama sempre il tuo

                                                       Francesco Mastriani

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   Fu pubblicato sul giornale La Domenica il 14 luglio 1867