Martedì mattina, una imponente dimostrazione di circa diecimila persone tra le classi più colte e intelligenti della nostra popolazione, mosse verso il mezzodì dalla Piazza del Mercatello e si avviò per Toledo con solenne compostezza. Alla testa di questa patriotica dimostrazione erano ragguardevoli personaggi che levavano, nel mezzo della bandiera nazionale, alti cartelli che recavano la scritta: Viva Roma Capitale d’Italia. si respinga ogni intervento straniero. Viva l’Esercito.
La dimostrazione si arrestò a Piazza del Plebiscito, e spiccò una Deputazione incaricata di recare al Prefetto i voti della Nazione, la quale vuole che si compiano le sue aspirazioni e il patto solenne del Plebiscito. Il Generale Durando, Prefetto di Napoli, rispondea poche e nobili parole consonanti ai voti espressi dalla Nazione; le quali vennero vivamente acclamate.
La sera stessa del martedì l’onorevole Prefetto venne chiamato a Firenze da un telegramma. Vuolsi che gli si riserbi un posto nella composizione del nuovo Ministero.
Intanto, il paese è in grande perplessità per l’incertezza delle nuove che ci arrivano dal teatro ove stanno per decidersi le sorti dell’Italia. unanime è oggidì in tutti gli italiani il sentimento di avversione al Francese, di cui si è renduta insopportabile l’ampollosa prepotenza.
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Su la imponente dimostrazione di martedì mattina leggiamo nell’Indipendente le seguenti osservazioni giustissime:
Tutti gli organi della stampa napolitana, a qualunque gradazione nel partito liberale appartengono, sono stati unanimi nel giudicare la dimostrazione.
Questa dimostrazione, infatti, non è somigliata a nessun’altra di quelle fatte a Napoli sì di sovente, e delle quali, per parte nostra, non abbiamo mai tenuto conto, perché non esprimevano se non che il vuoto d’idee o le stravaganze di alcuni uomini di partito.
Ieri non vi erano più partiti: tutte le gradazione del liberalismo, dalla più pallida alla più cupa, erano aggruppate in un sol fascio ed attorno alla stessa idea ed alla stessa bandiera: l’idea e la bandiera nazionale – il diritto dell’Italia di essere padrona di sé stessa e di Roma sua capitale.
Questa manifestazione unanima e grave, rinnovando il Plebiscito che aveva votato sette anni or sono nel medesimo giorno, produrrà certo un grandissimo effetto in Italia ed all’estero. Speriamo che la voce della nazione sia intesa dagli uomini che sono al potere e che l’Italia realizzi la sua ultima speranza senza la necessità di chiedere ai suoi figli nuovi sacrificii di sangue e di danaro.
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Lettere di Firenze recano che la commissione incaricata di studiare l’ordinamento della guardia nazionale per apportarvi quelle modificazioni che l’esperienza ha dimostrato necessarie avrebbe terminato i suoi lavori, formulando alcune proposte, le quali, se fossero accolte favorevolmente dal ministero, servirebbero di base ad una legge sulla guardia nazionale.
Tra queste proposte, le più importanti sarebbero le seguenti:
Riduzione dell’età obbligatoria del servizio da’55 ai 45 anni.
Abolizione del censo come condizione necessaria a far parte della guardia nazionale – e però esenzione dal servizio per coloro che vivono del proprio lavoro.
La guardia nazionale non presterebbe alcun servizio ordinario. Sarebbe però convocata in caso di guerra per servizio in piazza; ed in caso di bisogno per tutelare la sicurezza pubblica. L’uno e l’altro servizio sarebbero però sempre prestati da ciascuna frazione di guardia nazionale nel comune o nella provincia dai militi che vi appartengono. L’idea della mobilitazione è quindi totalmente esclusa.
Varie altre proposte riguardano la nomina degli ufficiali e dei graduati, i quali tutti, secondo il parere prevalso nella Commissione, dovrebbero essere sempre scelti dal governo secondo il sistema attualmente in vigore per la nomina degli ufficiali superiori.
(l’Indipendente)
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Il nuovo proverbio del noto valente commediografo Achille Torelli col titolo La più semplice donna val due uomini, rappresentato per due sere di seguito al teatro de Fiorentini, non è secondo alle altre produzioni del Torelli.
L’esecuzione fu perfetta. I signori Zerri, Majone e Tessero, e le signore Tessero-Guidoni, e Fabbri Pia che vi presero parte non potevano recitar meglio.
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Domenica al giorno si ripeté sul R. Teatro del Fondo il dramma dello Shakespeare col titolo Macbeth. Vi accorse un grandissimo numero di persone. Il Rossi (secondo il solito) fu grande artista, e fu chiamato all’onore del proscenio parecchie volte.
Si distinsero pure in questo dramma la prima donna signora Matilde Pompili Trivelli e il signor Giacomo Brizzi.
Nelle farse che si rappresentano sul detto teatro il Salvator Rosa diverte il pubblico, e vi riscuote molti applausi.
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Una vedova, il cui unico figlio era in grave malattia invitò un medico, al quale promise il compenso che più gli fosse venuto purché avesse guarito il figlio. Il medico, che non era tanto sicuro del fatto suo, rispose – La malattia di vostro figlio è incurabile, ma ciò non pertanto mi proverò con tutt’i mezzi che sono in mio potere di ridonargli la salute.
Non sappiamo se fu la natura o l’arte che guarisse l’infermo; ma egli è certo che, la mercé delle cure di quel dottore, il figlio della vedova risanò perfettamente – Presentatosi il dottore alla signora, le fece comprendere che desiderava un compenso; ma ne lasciava a lei la scelta. Allora, la signora, toltosi di tasca un elegante portamonete, gli disse:
«Signor dottore, al miracolo ch’ella ha fatto non ci è compenso che basti; pure, io la prego di voler accettare questo portamonete e ritenerlo come un pegno della gratitudine che sento verso di lei».
Il dottore a parole sì inaspettate fece comprendere alla signora che del portamonete non sapea che fare, e che desiderava un compenso in denaro – Adiratasi la dama e strappatogli di mano il portamonete gli disse:
«Orbè, quanto le debbo?».
«Non oso far prezzo, dica ella».
«No, no, dica lei».
«Allora, giacchè mi costringe, le dirò che non posso accettare meno di 500 lire».
La signora aprì il portamonete e, postolo sotto gli occhi del dottore, ne cavò 10 biglietti da mille franchi l’uno, e, conservando il resto, pagò il dottore lasciandolo in uno sbalordimento e in un rammarico indicibile.
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È venuta a luce la seconda edizione delle Liriche scelte di Giuseppe Massa. Parlammo di questi bei componimenti in uno dei numeri di questo giornale; ed ora ci piace di raccomandare novellamente la lettura, che non può non riuscire gradevolissima ad ogni classe di lettori; dacché il genere della poesia del Massa è di quelli che congiungono l’immaginazione alla soda e cristiana filosofia, senza dire della felice e spontanea verseggiatura, della ricchezza delle immagini e della svariatezza dei subbietti attagliati alla indole dei tempi che corrono. Tra i nuovi componimenti aggiunti in questa seconda edizione felicissimo è quello sul Due novembre in versi sciolti, che spira alti e religiosi sensi.
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Mercoledì sera, siccome annunziammo, andò in iscena sul teatro Partenope il nuovo dramma popolare in 6 atti del noto autore signor Domenico Jaccarino col titolo Padre Fontanarosa. L’autore fu chiamato all’onore del proscenio alla fine di ciascun atto. Il dramma è inteso a sbarbicare dalle classi ignoranti non pochi pregiudizi avversi allo spirito della vera religione e della civiltà. Il signor Jaccarino si occupa con vero amore a spandere buoni e sani principii nel nostro basso popolo, cui la secolare tirannide ravvolgea nelle tenebre della ignoranza e della corruttela. Noi stringiamo di vero cuore la mano del nostro operoso concittadino a proseguire con perseveranza nel difficile ma nobilissimo scopo.
La esecuzione fu accurata, e si distinse specialmente il de Riso nella parte protagonista, il Lapegna (Padre Taverna) e la signora De Luca (Marchesa Elisabetta).
Sentiamo che questo dramma è richiesto dalle scene del nostro piccolo teatro popolare, Il Sebeto. Il merito del lavoro non iscapiterà certo per la piccolezza del teatro; anzi sarebbe a desiderare che questi teatrini, in cui convengono i nostri popolani, dessero di tali produzioni istruttive, morali e civilizzatrici anzi che quelle stomacose e indecenti buffonate, in cui primeggia quell’ormai insopportabile anacronismo che è la maschera del Pulcinella, a cui vorremmo che si desse per sempre il bando come esoso ricordo dell’antica goffaggine e poltroneria del volgo di Napoli.
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Ci giungono frequenti lagnanze intorno al formalismo nauseante che inceppa ogni cosa in quel mostruoso congegno amministrativo che è l’ispettorato d’istruzione pubblica.
Noi – senza volere far questione di persone – riconosciamo che in gran parte il danno deriva dalla confusione delle leggi e delle disposizioni che si succedono con vece instancabile, sicché né impiegati, né Consiglio sanno ove mettere le mani.
Ma, se questo danno si riconosce, non potrebbero quei funzionari – dagli alti gradi sino agli umili – con non meno rigorosa sottigliezza riparare a questo sconcio?
Per Iddio! ci si pensi un poco. Qui si muore dalla fame. un povero maestro di scuola vede con terrore l’abbuiarsi dell’orizzonte politico, che farà ancor più deserte le sue scranne; e pure per avere un’autorizzazione – che gli permetta di rovinarsi a suo piacere se i suoi professori o il suo metodo non servono a nulla – vuolsi passare attraverso un dedalo di formalità reso ancor più noioso dalle esigenze d’una burocrazia con poco criterio inceppante.
Il Presidente del Consiglio vi provvederà?
Ce l’auguriamo. (Roma)
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I Francesi, soldati del Papa, per eccitarsi alla pugna hanno il permesso di cantare la Marsigliese, ma con le seguenti varianti:
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VECCHIA MARSIGLIESE
«Allons, enfants de la patrie.
Le joure de gloire est arrivè!
Contre nous de la tyrannie
L’etendard est levè! (bis)
Entendez-vous dans ces campagnes
Mugir ces feroces soldats?
Ils viennent jusque dans vos bras
Ègorger vos fils et vos compagnes!
Aux armes, citojens: formez vos bataillons.
Marchez, qu’un sang impur abrenue non sillons!»
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MARSIGLIESE NUOVA
Ad uso degli Antiboini e dei Zuavi del Papa
«Allons, enfants de sacristie,
Le joure de bonte est arrivè!
Per vos mains de la tyrannie
L’etendard sagland est levè! (bis)
Entendez-vous dans la campagnes
Beugler ces feroces prelats?
Ils viennent diriger vos bras
Guerrier du comte de Culagne!
Aux armes, sacristains: prenez vos goupillons.
Marchez, le Pape est roi du droit de vos canons!»
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Dal comando di Piazza si emana il seguente manifesto:
Dietro ordine del ministro della guerra, in data del 18 dell’andante mese, sono richiamati sotto le armi i militari di 1. ͣ Categoria della classe 1842 che trovansi attualmente in licenza straordinaria.
Nel Corpo di Amministrazione e del Treno, oltre agl’individui della classe 1842, trovandosi in licenza anche quelli della classe 1843 ed i Veneti della Leva austriaca 1865, sono questi eziandio richiamati all’attivo servizio.
Finalmente, dietro concerti presi tra i ministri della marina e della guerra, col presente proclama s’intendono altresì chiamati sotto le armi gli uomini in congedo illimitato della 1. ͣ Categoria, classe 1842, appartenenti ai due reggimenti Fanteria marina.
Tutti gli ora indicati militari dovranno presentarsi al rispettivo loro capo-luogo di provincia presso l’ufficio del Comando, nel dì 29 andante ottobre, e per le provincie Piemontesi, Lombarde, Toscane, Venete, dell’Emilia, delle Marche e dell’Umbria, e nel dì 6 novembre prossime per le provincie napolitane, siciliane ed isola di Sardegna.
I militari, i quali si trovino al momento della chiamata in una provincia diversa da quella a cui appartengono, hanno facoltà di presentarsi al capo-luogo della provincia ove trovansi accidentalmente a risiedere.
Napoli, 24 ottobre 1864
Il comandante militare della Provincia
MATERAZZO
FRANCESCO MASTRIANI