CRONACA DELLA SETTIMANA DEL 23 DICEMBRE 1866

   Impossibile di dare un passo per Toledo. La valle di Giosafatte sarà meno ingombra nel gran finale del mondo, di quello che è Toledo oggi o domani.

   Proponiamo alla Questura d’impedire, o almeno per tutta la giornata della Vigilia, il traffico delle carrozze per la via di Toledo: sarebbe questo un vero servigio che si farebbe al paese. Il divieto del passaggio delle carrozze è indispensabile in questa giornata più che nel giovedì e venerdì santo.

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.   Lunedì sera la Chiesa del Sacramento all’Infrascata venne derubata di parecchi preziosi arredi.

   In generale, in questi giorni si è avvertita una così detta recrudescenza che suolsi verificare ne’ giorni che precedono il Natale e qualche altra solennità dell’anno.

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.   Sentiamo che giovedì sera un giovine impiegato del Banco, il Signor S…, fu aggredito sul Ponte della Sanità, e derubato da’ladri, i quali, non contenti di avergli tolto quanto aveva addosso, gli regalarono due colpi di stile, che, la Dio mercé, non furono che lievi.

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   Certamente, tranne il caso che foste orbi d’ambo gli occhi, avrete letto su tutte le cantonate delle principali strade di Napoli un manifesto bislungo a lettere stragrandi che dice:

NON PIÙ DOLORI DI DENTI

GUARIGIONE ISTANTANEA SENZA ESTRAZIONE

DI D’ANGLEMANT, DENTISTA DI PARIGI.

   Qualche monello, senza accorgersi ch’egli faceva la più sanguinosa satira al dentista, avea strappato dal muro un brano di quel manifestone; sicché una parte erane rimasta incollata al muro; e questa porzione rimasta sul muro dicea:

NON PIÙ . . . . .

GUARIGIONE ISTANTANEA . .

DI D’ANGLEMANT, DENTISTA  . . .

   Questo curioso epigramma, che noi credevamo tutto accidentale, ci facea pensare a certe strane combinazioni, allorché, dato alcuni passi più avanti, trovammo lo stesso manifesto lacerato in senso opposto; onde questa volta si leggea:

. . . . DOLORI DI DENTI

. . . .  SENZA ESTRAZIONE

. . . . DI PARIGI

   Allora dovremmo riconoscere in queste ingegnose mutilazioni l’opera di qualche bello spirito.

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.  Lunedì scorso, nelle ore del pomeriggio, il Vico Sergente Maggiore era il teatro d’una zuffa femminea, che area divertisse moltissimo il rispettabile pubblico ivi astante.

   Ecco l’oggetto della rissa:

   Alcun tempo fa, una serva (classe di donne che manda il maggior numero di reclute alle file dell’ esercito di fuori Porta Capuana), sgravatasi di un bambino che i codici hanno il torto di chiamar bastardo, andava a deporre il suo nato nell’ospizio dell’Annunziata; ma, via facendo, ella si abbatteva con una donna del vicinato, di mestiere beccaia o moglie di beccaio; la quale, vista la bella creaturina che riposava nelle braccia di colei che per isbaglio erale madre, domandò a questa se quel putto fossele figlio e dov’ella ne andasse. La donna da servigi rispondea che quell’Anima di Dio erale figlio, ed ingenuamente confessava non aver lei che farne, non il potendo tenersi seco, però che ella era a servire in casa altrui, e né il potendo dare altrui a nutricare, che ciò non consentiva la estrema povertà in cui ella vivea; epperò forza le era di andare a consegnare il bambino alla Madonna. La beccaia, benché fosse beccaia, non avea il cuore di acciaio, e, benché avvezza a vedere scorrere il sangue de’montoni e degli agnelletti, pure avea le visceri rammollite; perché, fosse per compassione, o fosse per private cagioni, la macellaia offerì a quella miserabile fante la somma di cinque piastre napolitane (25 lire), dov’ella avesse voluto venderle il bambino invece di andarlo a passare per la ruota.

   Che cosa non si ottiene in Napoli e altrove con cinque piastre? Mettetevi cinque piastre in saccoccia, e voi avrete l’agio di regalare a una decina di donne il dono della maternità; o, se avete dieci nemici, potrete trovare venti braccia, che ve ne sbarazzino. Figuratevi ora come quella disgraziata fante avesse ad accogliere la proposta della macellaia! Non glielo fece dire due volte, e il contratto fu conchiuso e accettato anche pria che proposto.

   La fante se ne andò pe’fatti suoi; e noi siamo sicuri che dopo questo primo incoraggiamento ella s’ingegnerà di trovar modo d’impastare un’anima di Dio almeno ogni nove mesi. La beccaia se ne tornò a casa sua col nuovo acquisto che avea fatto.

   Ma a capo di qualche tempo ecco che la beccaia si ammala in guisa da fare disperare de’suoi giorni. La povera donna sembrava dipartirsi in santa pace da questo mondo; e soltanto le dava cruccio il pensiero del bambino, ch’ella avea comperato dalla serva, e ch’erasi allevato con amore di madre. Che se ne faceva di quel povero bimbo? Una sua vicina, trippaiuola, si offerì di pigliarsi lei il piccino e tenerselo e allevarselo, dove la sua povera amica, la beccaia, si ne fosse ita in paradiso. E col fatto, seco ella tolse il bambino; e raccomandò a Dio la beccaia. Le trippaiuole hanno pure visceri e trippe come ogni altra creatura di Dio, e sono compassionevoli e servizievoli come qualunque altra figlia di mamma.

   Fatto è che la beccaia, non ostante i voti di tutt’i becchi che erano appo lei, ebbe la disgrazia di non morire ancora; e la prima cosa che fece, rimasse in salute, fu di andare a richiedere alla trippaiuola il figlio della serva. La trippaiuola non intendeva restituire più il fanciulletto, a cui avea messo amore addosso, ed ecco l’origine delle batoste, che procacciarono lunedì al rispettabile pubblico uno spettacolo gratis.

   Quale sarà la nobile carriera che percorrerà questo fanciullo venduto dalla propria madre e ballottato tra una beccaia e una trippaiuola? Gl’indovini predicono che lui diverrà capo di sezione.

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.   Non sappiamo quale concetto si hanno a formare di noi i forestieri che visitano la nostra città, veggendo aggruppate appo il nostro Caffè d’Europa certe luridissime donnacce, a cui si fa l’onore di chiamarle fioraie. Se il recare un mazzolino di fiori nelle mani fosse un valevole passaporto, noi correremmo il rischio di vedere far capannello appo i nostri Caffè più accorsati della via Toledo le ingenue e modeste ninfe che hanno il loro domicilio coatto fuori una delle porte principali ad oriente della nostra città – Sempre sarebbe meglio un guadagno che si farebbe in paragone delle scapigliate Tesifoni che onorano di loro fetida presenza le porte del Caffè di Europa.

   Un nostro giovinotto che si diletta di magnetismo invitò, la settimana scorsa, un suo compagno di poca fede ad assistere ad uno sperimento ch’egli avrebbe fatto di un tavolino se-movente; saggio che dove a convincere il poco credente e fargli toccar con mano la verità della cosa.

   Per rendere più attraente la prova, il giovine magnetizzatore menò al trattore l’amico; la sera essi occuparonsi del saggio magnetico.

   Lo sperimento in fatti non potea riuscire più brillante.

   Il poco credente dové gridare al prodigio quando vide girare il tavolino, che l’amico avea magnetizzato co’suoi polpastrelli.

   Or noi facciamo un semplice dubbio: Era il tavolino che girava, o la testa de’due giovinotti che si aveano nello stomaco parecchie bottiglie di poderoso vino?

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   La commedia del signor Achille Torelli col titolo Gli Onesti ha ottenuto uno splendido successo al teatro Fiorentini. Oramai questo giovine scrittore è bello ornamento del teatro italiano, e va debitamente annoverato tra i più felici commediografi che vanti oggidì il nostro teatro.

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   Questa mattina, mentre due carabinieri menavano arrestato un uomo ammanettato, è riuscito a questo di scappar sene come un baleno e d’infilzare i vicoli sopra Toledo. Non ostante che i due solerti carabinieri si sieno dati subitamente ad inseguirlo, non è stato loro possibile il raggiungerlo.

                               FRANCESCO MASTRIANI