Leggere le opere di Francesco Mastriani è stato come ritrovarmi in un immaginario, talvolta avventuroso, viaggio, che si è snodato nell’arco di tre secoli; in maniera breve nel ‘600, più a lungo nel ‘700, quasi completo nell’800.
Infatti, se escludiamo: Erodiade (33 d.c.); Messalina (48 d.c.); Nerone in Napoli (63 d.c.); Jelma o la stella di Federigo II di Svevia (1227); Lo Zingaro (1416); Il Duca di Calabria (1465); Giovanni d’Austria (1572), tutti lavori considerati di genere storico, le trame dei rimanenti 97 romanzi scritti dal narratore napoletano, si sono sviluppate in quei tre secoli.
Non è mia intenzione, né nelle mie capacità fare una valutazione critica sull’opera dello scrittore.
È stato definito in vari modi da biografi critici: rappresentante del verismo in Italia; il più notabile scrittore del romanzo d’appendice, un feuitollinista; il massimo esponente del cosiddetto Basso Romanticismo; uno dei padri del genere giallo, precursore dello stile di Edgar Allan Poe e di Conan Doyle. Di sicuro è pur valida la definizione che gli abbiamo coniata mio cugino Emilio e lo scrivente Rosario, entrambi discendenti diretti del narratore napoletano: IL VERISTA PER ECCELLENZA DELLA REALTÀ NAPOLETANA, e per avvalorare questa asserzione, aggiungo che lo scrittore si considerava un ricercatore di drammi umani: «Studioso, come sono de’drammi della umana vita, mi feci ardito di chiedere alla mia graziosa allieva qualche ragguaglio su la famigliola, su i cui casi la cameriera mi avea dato qualche cenno». [1]
Francesco Mastriani è stato definito da Paolo Morelli (Verona 1816 – Milano 1891) Il romanziere inesauribile; da Giovanni Bovio (Trani 1831 – Napoli 1903) L’educatore del popolo; da Stanislao Mancini (Castel Baronia 1817 – Napoli 1888) Il profondo pensatore; da Luigi Zuppetta (Castelnuovo della Daunia 1810 -Portici 1889) Il Belisario del pensiero; da Alessandro Dumas padre (Villers 1802 -Senna Marittima 1870) Il rigeneratore dell’umanità. [2]
Posso però dire che leggendo i suoi romanzi nelle versioni originarie, non nelle successive ristampe, molti vocaboli usati dal mio avo mi risultavano incomprensibili.
«Quando una funesta idea si presenta allo spirito umano, le passioni che essa fomenta sono sì scaltritamente inventrici di arzigogoli e di false ragioni che egli è estremamente difficile di non rimaner presi nella pania». Questa frase l’ho estrapolata da Il mio cadavere [3]. In essa ho evidenziato ben cinque vocaboli abbastanza desueti, e ciò a dimostrazione delle difficoltà che si possono trovare nel leggere le opere di Francesco Mastriani nelle edizioni originarie. Lo scrittore Divier Nelli, che ha rielaborato il sopraddetto romanzo, facendogli una sorta di lifting o restauro, giustificò l’operazione dicendo che dopo aver sfogliato qualche pagina del libro esclamò: «Cavolo, mi sembra un’altra lingua. È una cosa per pochi».[4]
Per capire il significato di alcuni termini, ho dovuto ricorrere alla consultazione di alcuni dizionari prestigiosi, dai moderni Treccani (2003) e Zingarelli (2009), ai più antichi come il Pietro Fanfani (1856) – questo testo è citato in alcuni romanzi di Francesco Mastriani; il Tommaseo Bellini (1865); il Francesco Cerruti (1879); il Policarpo Petrocchi (1894); ho consultato anche due dizionari napoletani, di Raffaele Andreoli (2000) e Antonio Vallardi (2007); e Lo Schedario Napoletano di Giuseppe Giacco, (2003); alcuni vocaboli li ho individuati grazie a Wikipedia, a Google che mi ha permesso di consultare on line del dizionari prestigiosi come il Dizionario Italiano Enrico Olivetti, il Sabatino Colletti, il Tommaso Basileo, il Francesco Cardinale e la prestigiosa Accademia della Crusca.
Molti lemmi non sono riuscito a trovarli in nessuno delle fonti più sopra citate, per cui li ho definiti termini mastrianei, in attesa che in successive ricerche riesca a catalogarli.
Qualche termine ho trovato difficoltà a risolverlo poiché si trattava di uno strafalcione o refuso di stampa. Ci sono riuscito grazie al fatto che di romanzi di Francesco Mastriani, ne posseggo svariate edizioni, per cui è stato possibile fare il confronto. Cito qualche caso eclatante: nell’opera La cieca di Sorrento è scritto: «Intanto il Basileo restò solo a fronte dell’arrabbiato madino […] indarno studiossi di far ammutolire e di ammansare quel feroce guardiano» [5]. Al posto del sostantivo madino, ci va mastino. Infatti in altre edizioni da me consultate, lo strafalcione viene corretto, per cui non troviamo la parola madino, bensì mastino.
Nel libro La Comare di Borgo Loreto nella frase: «Nelle stalle, spezzate le rastrelliere, frante le gruppie, erano ammonticchiate le pietre cadute dalla parte occidentale del palazzo» [6]. È evidente che gruppie è un refuso di stampa, il termine esatto è greppie, il cui significato dallo Zingarelli è: «Nelle stalle, rastrelliera soprastante la mangiatoia, dove si mette il fieno».
Sempre in questo titolo, ho trovato scritto sfazzonati, che pure è da considerare un refuso di stampa, il lemma esatto è stazzonati, dal verbo stazzonare ovvero sgualcire. La parola è inserita nella locuzione: «Indi, non mancava di far lo stesso per quelli della mamma, ed ivali con solerzia disaminando, per trovare dove appuntare un sopraggitto ovvero darvi una passata di ferro, quando gli vedea soverchiamente gualciti e stazzonati». [7]
.
Di Francesco Mastriani ho letto e studiato quasi tutta la sua vasta produzione letteraria, che comprende, oltre a 105 romanzi, anche racconti, novelle, commedie, drammi, articoli diversi, poesie.
Nel realizzare questo piccolo vocabolario dei termini particolari usati da Francesco Mastriani, non ci ho incluso solo quei lemmi di difficile interpretazione, ma anche quelli poco usati nel linguaggio di oggi, o nella moderna scrittura, ma che facevano parte appunto dell’uso consueto dello scrittore.
Inoltre ci ho inserito termini camorristici, dialettali, latinismi, lemmi stranieri, nonché delle locuzioni. In altri termini ho cercato di realizzare una specie di vademecum o prontuario, relativo ai vocaboli particolari usati da Francesco Mastriani nei suoi scritti.
.
[1] FRANCESCO MASTRIANI, Forza morale (Appendici del Roma, 23 febbraio – 7 aprile 1890), nella prefazione del romanzo.
[2] Queste note le ho trovate nella biografia in 1ª di copertina nel romanzo Cenere (La sepolta viva). Napoli, Ginka, 1975.
[3] Napoli, Tramater, 1853, vol. II cap. I «Lotta interna» p. 49.
[4] Rimini, Rusconi Libri, 2010.
[5] Napoli, Dalla Tipografia dell’Omnibus, 1851, cap. I vol. II «La giustizia di dio e la giustizia degli uomini» p. 7.
[6] Napoli, Stab. Gennaro Salvati, senz’anno di pubblicazione (dopo il 1892), cap. VII Parte Seconda «Il palazzo del marchese» p. 77.
[7] Napoli, Stab. Cav. Gennaro Salvati, senz’anno di pubblicazione (dopo il 1892), cap. II Parte Quarta «Barbarina» p. 150.
.
Nel paragrafo VOCABOLI PARTICOLARI, l’elenco dei termini desueti prosegue in maniera meno dettagliata.
Per ogni vocabolo desueto è specificato il genere grammaticale; il significato dello stesso; il romanzo, la pagina ed eventuale volume dal quale sono stati estrapolati sia il lemmo che la frase in cui esso trova contesto. I romanzi sono indicati con numerazione progressiva da 1 a 106, come da bibliografia riportata nel presente sito.
Alcuni termini sono stati estrapolati da altri cinque lavori di Francesco Mastriani, e che non sono considerati come facendo parte della bibliografia. Essi sono:
107 – Novelle scene e racconti (1867) ; 108 – Fisiologia delle feste da ballo (1867) ; 109 – L’eruzione vesuviana del 26 aprile 1872 (1872) ; 110 – L’amore (1879); 111 – Elogio funebre di Vittorio Emanuele II (1878).
Le edizioni dalle quali sono stati estrapolati i termini desueti, sono presenti nella collezione privata degli eredi Mastriani.
Le definizioni dei sotto elencati vocaboli desueti sono state tratte dalle seguenti fonti:
.
F = Pietro Fanfani 1856
P = Policarpo Petrocchi 1894
Z = Lo Zingarelli 2009
T= Vocabolario Treccani 2003
N1 = Dizionario Napoletano Avalardi 2007
N2 = Vocabolario Napoletano Raffaele Andreoli 2000
(Volumi in mioo possesso)
AC = Accademia della Crusca
C= Dizionario Cerruti
DE= Dizionario Etimologico
DEA= Enciclopedia De Agostini
DH = Dizionario Hoepli
DN= Dizionario Napoletano di Sergio Zazzera
DO = Dizionario Italiano Enrico Olivetti
DR= Dizionario La Repubblica
FC= Dizionario Italiano Francesco Cardinali
GO = Google
GL= Garzanti linguistica
NT= Niccolò Tommaseo
SC= Dizionario Italiano Sabatino Colletti
SN = Schedario Napoletano Giuseppe Giacco
STI = Società Teosofica Italiana
TB= Dizionario Tommaso Basileo
TL = Tesoro della Lingua Italiana dalle Origini
TdM= Termine di medicina
W = Wikipedia
TC = Termine camorristico
TD = Termine dialettale
NdL = Nota del libro
TM = Vocaboli usati da Francesco Mastriani e non trovati nelle sopraddette fonti.
impièdi avv. • Grafia unita della locuzione avverbiale «in piedi» [DO-86(170] Sediamoci su questi gradini. Non posso reggermi impiedi; e ho da dirti molte cose.
.
Nell’esempio sopra riportato, si intende che l’avverbio impiedi, estrapolato dal libro La jena delle Fontanelle (86), a pag.170, nella frase: Sediamoci su questi gradini. Non posso reggermi impiedi; e ho da dirti molte cose, ha il seguente significato: Grafia unita della locuzione avverbiale «in piedi». secondo la definizione del Dizionario Italiano Enrico Olivetti,
.
donnicola s.m. • Maschera napoletana [GO-24(38.IV)] Costui vestiva una giubba nera stretta a’petti e di lunghe falde che gli arrivavano in su i calcagni: un corpetto bianco, il cui modello era tolto a prestanza dalla maschera del donnicola, gli giungea sul pube.
.
In quest’altro esempio, s’intende che il sostantivo maschile donnicola, estrapolato dal libro Una martire (24), a pag. 38 del vol. IV, nella frase: Costui vestiva una giubba nera stretta a’petti e di lunghe falde che gli arrivavano in su i calcagni:un corpetto bianco, il cui modello era tolto a prestanza dalla maschera del donnicola, gli giungea sul pube, è un termine il cui significato, maschera napoletana, è stato individuato grazie a delle ricerche su Google.