T’amo, sdentata Fillide,
Coetanea di mia nonna,
T’amo d’amor purissimo,
O antichità di donna,
Tu sei la viva massima
Che tutto è vanità!
,
T’adoro, o rosa fetida,
Cui sol restar le spine,
T’amo bavosa vergine,
Candida fin nel crine;
Perché agghiacciata lagrima
Sull’occhio tuo si sta?
.
Ah! ti comprendo, o bisava,
La storia è ormai finita;
Voltate son le pagine
Del libro della vita.
Fa cor; rimane l’indice,
E poi… l’Eternità! [1]
.
[1] Fu pubblicata su «Il Palazzo di Cristallo» il 13 dicembre 1856.