Autrice del saggio Francesco Mastriani: un escluso e lettrice di una rosa di romanzi ( La cieca di Sorrento, Il mio cadavere, I Vermi, Le Ombre, I Misteri di Napoli, Il bettoliere di Borgo Loreto, La Medea di Porta Medina), racimolati tra bancarelle e librerie antiche, e dei primi quattro inediti (La Malavita, La Jena delle Fontanelle, Carmela, La spigaiola del Pendino), rinvenuti dagli eredi Emilio e Rosario, rimango, purtroppo, saldamente legata al concetto che poco, addirittura quasi niente si è fatto, malgrado l’interesse spontaneo e partecipativo degli estimatori, per la rivalutazione dell’uomo e dello scrittore Mastriani. Chi colpevolizzare? L’estrema malignità della fortuna? la fatalità storica? l’incapacità di rendere fattibile ciò che la memoria abrade? che il tempo usura? che la mano dell’uomo danneggia? o per essere pragmatica e concreta il menefreghismo? la sottocultura o incultura?
Il pensiero corre a una tegola abusiva che da anni, ad usare un eufemismo, adombra la lapide commemorativa di Francesco Mastriani in via Penninata San Gennaro dei Poveri.
È vero che le Autorità competenti, cui i membri del Comitato Mastriani si sono appellati hanno garantito la loro adesione alla rimozione della tegola incriminata, ma quello che è slancio passionale e afflato culturale si scontra, oggi più di ieri, con le lungaggini burocratiche e con i costituiti padri della burocrazia, troppo sonnolenti e accidiosi per rendere un grumo di giustizia a un romanziere mortificato da un oscurantismo, che lo ha escluso e continua ad escluderlo dal panorama letterario regionale e italiano, anche osteggiando e rimandando alle calende greche la semplice rimozione di una tegola che al turista o visitatore occasionale toglie, persino, la curiositas di leggerne il nome su una lapide commemorativa.
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Il sopraddetto articolo è stato scritto dalla dottoressa Anna Geltrude Pessina, già Docente nei Licei Psicopedagogici di Napoli.