Nella prefazione l’autore ci tiene a specificare che la trama del romanzo si svolge nei periodi in cui Nerone visse a Napoli. Il romanzo è diviso in tre parti, nella prima, titolata Il parricida, la vicenda si svolge per lo più a Roma, vengono descritte alcune delle atrocità commesse da Nerone, come il far uccidere la madre Agrippina, Britannico, il figlio della moglie Ottavia e la moglie stessa, che la fa assassinare dopo averla esiliata nell’isola di Pantelleria; con questa morte legittima la sua unione con la perfida Poppea. Nerone tenta prima di fare annegare Agrippina, quando era a bordo di un naviglio, ma la madre riesce a salvarsi. Fallito questo tentativo, riesce poi a farla uccidere da alcuni sicari, tra cui il liberto Aniceto, in una località di Baculi. Un indovino aveva vaticinato che Nerone sarebbe salito sul trono imperiale, ma che avrebbe ucciso la madre, al che Agrippina aveva risposto: «Mi uccida purché regni».[1]
La seconda parte è invece titolata La bestia, e in essa son descritte le principali nefandezze commesse da Nerone. Vengono altresì descritte le persecuzioni dei cristiani e l’incendio di Roma, entrambi i misfatti che a lui sono attribuiti.
Infine nella terza parte, L’istrione, si svolge per lo più a Napoli. In questa città, oltre alle solite crapule e bagordi, Nerone si da al bel canto, esibendosi in alcuni teatri della città. Indubbiamente viene descritto un imperatore meno truce, convinto com’era era di essere un artista, e in particolare un grande cantatore… ma: «Come quella voce fu primamente udita, poco mancò che il rispettabile uditorio non scoppiasse a ridere. Quella voce era rauca e tremebonda» [2]
«Non c’è paese nel mondo, dove si mangi meglio che in Napoli. Napoli è la città fatta apposta per i ghiottoni»[3]. Così scrive l’autore in questo suo lavoro. E di certo Nerone si trovò bene in Napoli anche dal lato gastronomico: «Le orgie di Baldassarre furono oscurate dalle feste Neroniane»[4]. «Nerone solea mangiare per dodici ore di seguito, scaricando di tempo in tempo il sacco per empirlo di nuovo. A Napoli, egli mangiò una sera, in una popina (taverna, osteria) pubblica, centonovantanove ostriche del lago di Lucrino: ne era ghiotto la Bestia. La duecentesima non volle mangiarla per paura che gli danneggiasse la voce».[5]
In questo lavoro storico ci troviamo diversi lemmi propri del periodo della Roma imperiale, e tra i più originali son da annotare: auctorato (Gladiatore per mestiere): Era un auctorato come di domandavano questi liberi esercenti; [6] arconte (Antico magistrato greco o romano), demarco (Capo di un piccolo territorio) : Gli arconti e i demarchi aveano dato alla novella città un reggimento aristocratico insieme e popolare; [7] biclinio (Antico letto antico): Due letti o biclinii erano particolarmente apparecchiati, l’uno per l’imperatore l’altro per la sua ospite; [8] carmentali (Festività romana in onore di Carmenta): Licinia era stata tra le prime dame che celebravano in Roma le feste Carmentali; [9] charistia (Festività romana per famiglie agiate): I conviti che ella dava nella festa della Charistia vinceano in fasto;[10] cavea (Gradinata per spettatori): Secondo la costumanza romana, i condannati alle fiere erano rinchiusi in una cavità aderente all’arena e dappresso alla cavea;[11] citaredo (Cantore che accompagnava il suo canto col suono di una cetra): Su i soffici cuscini d’un altro cocchio imperiale erano seduti i due buffoni Vatinio e Menecrate e Trepno il citaredo; [12] nummo (Moneta, denaro): ed il prezzo volle frumento che fosse ridotto a tre nummi; [13] palliola (Mantellina), linteamina (pannilini, biancheria intima), sindones (sudario, panno per detergere il sudore): Tutte le più cospicue dame romane pigliavano modello da Licinia in quanto ai palliola ai linteamina ed ai sindones;[14] quinquatrii (Festa in onore di Pallade): Era prossima in Baja la festività de’Quinquatrii;[15] sagae (Donne anziane, avanzi di prostituzione): Abita colà una di quelle donne che diconsi Sagae: si noma Eubea; [16] esplasia (Bottega di erbolaio): Eubea, la venditrice di filtri, avea la sua esplasia nel vico degli Alessandrini;[17] trabea (Antica toga romana): le liste d’oro e di porpora delle loro trabee li davano a distinguere; [18] triclinio (Sala da pranzo): Ardevano tutto all’intorno del triclinio innumere faci.[19] Il seguente lemma, pur non essendo dell’epoca romana antica, è pur degno di nota: pollastriera (Ruffiana, mezzana): Uno stuolo di meretrici e di pollastriere faceva oscena pompa di laidi vezzi appo l’orchestra. [20]
Interessante è anche il ritrovare gli antichi nomi di località famose: Napoli (Neapolis: città nuova): Ischia (Pitecusa); Torre del Greco (Erculea): Pozzuoli (Puteoli); Malta (Melito).
Nerone non era un bravo artista, e nelle sue esibizioni faceva ricorso a quell’espediente che oggidì viene denominato claque (Gruppo di spettatori che applaudono a comando): Questi cinque mila cavalieri seguivano dappertutto l’istrione imperiale: erano ordinati a formare quello che a’dì nostri con vocabolo di Francia dicesi la claque, vale a dire che aveano l’obbligo di applaudire e festeggiare il coronato cantatore. [21]
Nerone era convinto di esser stato un bravo istrione; le ultime parole da lui pronunziate nel darsi la morte furono: «Muore un grande artista»[22]
. ROSARIO MASTRIANI
.1] Ibidem, vol. I. pag.20
[2] Ibidem, vol. II. pag.128
[3] Ibidem, vol. II. pag.74
[4] Ibidem, vol. I. pag.97
[5] Ibidem, vol. II pag.75
[6] Ibidem, vol. I pag.127
[7] Ibidem, vol. I. pag.110
[8] Ibidem, vol. II. pag. 59
[9] Ibidem, vol. I. pag.11
[10] Ibidem
[11] Ibidem, vol. II. pag.190
[12] Ibidem, vol. II pag.35
[13] Ibidem, vol. II. pag.19
[14] Ibidem, vol. I. pag.11
[15] Ibidem, vol. I. pag.50
[16] Ibidem, vol. I. pag. 169
[17] Ibidem, vol. I. pag.188
[18] Ibidem, vol. II. pag.155
[19] Ibidem, vol. I. pag.29
[20] Ibidem, vol. II. pag.120
[21] Ibidem, vol. II. pag.36
[22] Ibidem, vol. II. pag.96