Scriveva Gaspare Gozzi:
«Sommo difetto, anzi reità di tutte le istituzioni è l’occupare la memoria de’fanciulli in cose non intese, e che nulla servono all’uso della vita. Gli aridi precetti grammaticali, i nomi, i verbi, l’affogano pel corso di tre o quattr’anni, né mai si dà loro una idea chiara delle cose che veggono o sentono ogni giorno».
Noi non sappiamo mai abbastanza richiamare l’attenzione dei padri e degl’istitutori su i primi insegnamenti che dar si debbono ai fanciulli; però che stimiamo che ogni anno sprecato di quell’età così preziosa o malamente impiegato è una perdita irreparabile ed un vivo rammarico. E certamente uno sciupo grandissimo di tempo suolsi far fare ai fanciulli, costringendoli a ritenere a memoria certe cose che eglino poco intendono o nulla, e che ad altro non debbono servire, tranne che a lusingare la vanità de’genitori e de’maestri. Non avete qualche volta veduto un fanciulletto di cinque a sei anni pallido, smunto e sottile, inchiodato sopra una sedia per più ore e curvato sopra un libro, del quale dee mandare a memoria certi versi che per lui son peggio che arabo o ebraico, i quali sembrano così ricalcitranti ad entrare in quel povero cervellino? Questo fanciullo dovrà recitare mezzo canto del Tasso in una festa di famiglia. Guardate quell’altra creatura di quattro in cinque anni, cara e gentile come un amoretto, la quale, ritta e immobile nel cospetto di una magra precettrice, ripete appresso a lei la favoletta di la Fontaine La cigale ayant chantè, ovvero l’altra Maitre Corbeau sur un arbre perché. La fanciullina s’ingegna d’imitare i suoni di questa lingua straniera, epperò contorce i lineamenti del viso, aguzza le labbrucce di rosa, si dà il maggior travaglio del mondo per isbrigarsela con questo compito sì noioso e difficile: non mancano gli sgridi e le busse quante volte ella si mostra poco attenta e distratta. E perché tutta questa fatica e questo martirio? Pel giorno onomastico del papà della bambina. Ecco un bel metodo per far maledire ai fanciulli i giorni più solenni e le più care feste di famiglia. Noi non sappiamo quel che si guadagna a questo giuoco d’impostura e di vanità; ma ben sappiamo il danno che ne deriva a quelle deboli costituzioni infantili, le quali si risentono in appresso di questa maniera di compressione e di sforzi superiori alle loro facoltà. Se i padri non avessero talvolta la smania di fare de’loro figliuoli altrettanti prodigi di otto anni, non avrebbero spesso il cordoglio di perderli nel fior di giovinezza, ovvero di vederli sempre disgustati e aborrenti da studi e da ogni intellettuale occupazione. Abbiamo più volte ridetto che questi così detti prodigi di dieci anni riescono tisici a venti, o asini a trenta. Ogni cosa debbe avere il suo tempo, e la natura non fa salti.
Uno degli errori in cui più comunemente si cade dai genitori si è quello di credere che i loro figliuoli sieno tutti rare eccezioni della loro età, e che però le vie comuni non si affacciano ad essi. Laonde, a vece di procurare che imparino cose positive e facili, da potersene giovare nel consorzio civile e pe’bisogni della vita, si affaticano d’insaccare in quelle testoline tante astratte inutilità, credendo che con queste si giunga ad acquistare fama e nome onorato.
Si esca da questo errore sì comune e sì deplorabile: si eserciti la memoria dei fanciulli, ma non mai a discapito della loro salute che esser deve un deposito sacrosanto da guardare, e soprattutto si eserciti su quelle precise nozioni pratiche che riescono al tempo stesso facili e piacevoli. Né si pongano sulle loro labbra parole di cui non intendono il significato, per non fare che acquistino lo sconcio abito di servirsi di vocaboli vuoti di sentimento o che per essi ne hanno uno non vero o non proprio.
FRANCESCO MASTRIANI