LE IMPROVVISAZIONI

  A proposito delle scienze e delle arti, vi siete accorto che questo nostro è il secolo delle improvvisazioni? Oggi tutto s’improvvisa! In politica s’improvvisano gl’imperi, s’improvvisano i milioni, gli eserciti, le flotte, e poco manca non s’improvvisino le terre – Nelle scienze, nelle lettere e nelle arti, idem idem. Per lo addietro, chiunque accingevasi ad un’opera, di qualsivoglia levatura si fosse il suo ingegno, vi pensava innanzi un buon tratto, la maturava ben bene nel proprio cervello, vi stava su giorno e notte col pensiero, si chiudeva nel suo studio per anni intieri; e di lui non si udiva a parlare che, quando fornito il lavoro e presentatolo al giudizio del pubblico, questo ne lo meritava con debite lodi e ricompense. E quel lavoro, frutto di lunga meditazione, formava l’ammirazione e il compiacimento dei contemporanei; accresceva il lustro del paese, ridondava ad onore dei concittadini, passava le generazioni, e veniva ad iscrivere un altro nome al non breve elenco delle celebrità.

   Ma questo sistema si è tenuto ai giorni nostri vieto e rancido; e siccome in tutto si è voluto il converso di quel che facevano gli uomini che ci hanno preceduti, il secolo ha inventato un mezzo più semplice e più sorprendente di diventar famosi, quello dell’improvvisare. I nostri padri si contentavano di assaporare e gustare tutt’i piaceri della mente e del corpo, senza scossa di nervi e senza parosismi di febbre; noi non ci contentiamo di niente se non siamo sorpresi, elettrizzati, galvanizzati. Le scienze esatte, la letteratura, le belle arti debbono oggimai adempiere, per dir così, ed un ufficio soprannaturale, debbon sorprendere e scuotere tutt’i plessi nervosi, altrimenti son dichiarate studii da gente dappoco, da tartarughe, da ghiri e peggio. Oggi l’improvviso è alla moda in tutto; e ci spaventa l’immenso numero degl’improvvisatori che sono sorti dappertutto per ogni branca dello scibile umano. S’improvvisa un poema colla stessa facilità con che s’improvvisa un imperatore. È vero che con tutto questo, i poeti son rari e gl’imperatori son di cartone; ma ciò non monta, basta la sorpresa! Tutti oggigiorno sono geni che vi sorprendono, che vi rapiscono, e che… finiscono come il lampo che guizza un momento, dà una scossa ai nervi, fa un poco di rumore, e sparisce nel vuoto, nel niente. Manco male che i genii presenti si contentano di rassomigliare al lampo! che sarebbe se volessero rassomigliare al fulmine, che non ha altro incarico che quello di distruggere sempre?

   Gli antichi non conoscevano l’arte d’improvvisare. Che peccato! È vero che essi facevano meglio le cose loro; è vero che erano meno agitati e convulsi di noi; che le opere loro sfidavano i secoli; ma i meschini! si teneano paghi a quelle loro costruzioni, che per altro hanno avuto l’onore di conservarsi fino ad i tempi nostri. Poveretti! Essi faticavano mezzo secolo per fare un libro o un edificio, noi altri facciamo queste cose in mezza giornata. Non importa che il libro e l’edificio degli antichi duravano secoli e secoli, e quelli che noi facciamo non durano che un anno o meno; ma siamo compensati dal piacere della sorpresa, dell’incanto, dell’improvviso!

   E i metodi? dove mettete i metodi parigini, americani, tedeschi, olandesi, cinesi co’quali oggi impariamo in due mesi ciò che i genitori nostri imparavano per lo meno in due anni. Avreste mai creduto che si possa imparare a  suonare con solo tre lezioni? Ebbene, leggete gli annunzii ai cantoni di Toledo, e vedete che io non vendo bindolerie. Potreste immaginare che con una sola lezione s’impari il disegno in modo da far meno del maestro? Niente di più vero; e sono i francesi, sempre i francesi quelli che fanno questi prodigi d’insegnamento! Benedetti! Vorrei proprio esser francese, per far cose dell’altro mondo, per trovare la quadratura del cerchio, per toccare il cielo col dito mignolo! Peccato che io sia nato su questa vecchia pedantesca terra di morti, come la chiamò un barbassore di Francia!

   Oggi è un piacere! La mercé dei metodi oltramontani, ogni ragazzo è un piccolo Mezzofanti, che ha in bocca almeno una mezza dozzina di lingue. Un giovinetto di buoni natali in Napoli dee saper parlar francese, inglese, tedesco, russo, e, per soprammercato, balbetta un poco di italiano, sarà un di più, ma l’essenziale è quello. Bando alla lingua latina! non abbiamo che farne di questa superba che non si piega all’amabile conversazione; si lasci ai preti, ai pedanti; giacchè ora non serve neanche più ai medici e agli avvocati, che studiano di preferenza il tedesco.

                 FRANCESCO MASTRIANI