(Dai giornali francesi)
La giovane regina di Portogallo è giunta a Parigi; e vi è ben ragione di pensare ch’ella non mancherà né di belli trattenimenti, né di piacevoli passatempi. E, se per avventura si trovasse priva di svagamenti per qualche momento, crediamo che non sarebbe male il ricordarle un aneddoto retrospettivo, l’istoria di un gentiluomo francese, il quale un tempo (son circa cento anni o più) venne, non si sa bene per qual motivo, inviato nel Portogallo dal re cristianissimo.
Egli si chiamava… (non bisogna contristar nessuno, epperò non diamo che una iniziale) si chiamava il Conte M… Assai midollone nella vita privata, non poteva al certo brillare nell’arte diplomatica. Nulla di meno, fu incaricato d’un alta missione, e per prudenza gli si pose a fianco per segretario un uomo di molto ingegno, l’abate Nardi.
Egli partì. Ma sapendo che alla prima udienza bisognava indirizzare una parola di complimento:
«Sig. Abate – gli disse – io mi rivolgo a voi per questa faccenda; desidero qualche cosa di galante e di amabile, ma che sia breve, anzi brevissima, perché io diffido non poco della mia memoria».
Due o tre frasi furono tosto gittate sulle carta; e l’ambasciatore immediatamente con tutto lo zelo possibile si accinse ad imparare la sua lezione. Ohimè!Ohimè! e quattro volte Ohimè! Il buon uomo avea avuto ragione di parlare modestamente delle sue facoltà mnemoniche. Si compì il viaggio da Parigi a Lisbona, senza ch’egli fosse giunto a ritenere una sola parola del piccolo discorso scrittogli dal segretario. Che fare? In tale dura condizione gli venne una luminosa idea!
«Abate, scrivetemi ciò in caratteri cubitali; con due spille appiccherò il manoscritto in fondo del mio cappello, e farò di riuscire nel mio intento».
Così preparato, si recò all’udienza reale; ma non si può tutto prevedere, né pensare a tutto!
Appena ch’egli ebbe fatto il migliore inchino che seppe fare, diede principio con tono dignitoso alla sua aringa, dicendo:
«Sire!».
Ma il re, secondo l’uso e l’etichetta della sua corte, gli disse:
«Signore ambasciatore, covritevi».
Covrirsi! L’infelice diplomatico si vide perduto! E o stordito o audace resta immobile col capo scoverto e riprende:
«Sire…».
Alquanto sorpreso e pur con molta clemenza S. M. Fedelissima ripete:
«Signor ambasciatore, covritevi».
Fu forza obbedire. Il conte M… si coprì il capo; e, coverto, come se si fosse messo sotto lo strignitoio, restò muto come un pesce.
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Ultimamente, nel palazzo dell’esposizione universale a Parigi tutta l’attenzione si portava su una gentile dama seduta in una poltrona mobile, che non apparteneva all’amministrazione, e che un valletto in seria livrea faceva andare in giro. Una dama di compagnia seguiva a piedi la bella passeggiatrice, la quale si era lungamente trattenuta nel salone riservato alla profumeria.
Un custode da noi interrogato sulla qualità della straniera (perché al certo era tale), rispose che quella era S. M. la regina di Portogallo.
Noi non sapremmo affermarlo; ma non v’ha dubbio ch’essa portava impresso in se stessa quel carattere distintivo delle grande prosapie, e, se non fosse stata la regina, meritava di esserlo per la sua grazia e per la sua bellezza.
Si vedeva in una galleria circolare una specie di piramide intorno alla quale erano scogli, arbusti, muschio su cui si vedevano diversi specimens del regno animale: una scimia col suo violino, una lepre col suo tamburino, un coniglio, un uccello nella sua gabbia, un cane di guardia nella sua nicchia. A un dato momento e per mezzo d’una molla messa in movimento, tutti quegli animali vivono e si agitano. La scimia fa smorfie e suona il violino, la lepre batte il tamburo, il coniglio rosicchia una foglia di lattuga, l’uccello canta e batte le ali, ed il cane abbaia.
La bella incognita prendeva un vivo piacere a tale spettacolo, e bisogna dire ch’ella divideva sotto questo rapporto il gusto generale, giacchè la folla è sempre grande intorno a siffatto piccolo capolavoro di vita e d’azione artificiali.
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Una scena singolare, che è un nuovo fatto da aggiungere a quelli già così numerosi della eccentricità degli Inglesi, ebbe luogo, tempo fa, al Paradis des Entants, magazzino di giocherelli da fanciulli situato strada Rivoli, all’angolo di quella del Louvre. Questo stabilimento, uno de’più vasti di Parigi, possiede tra i numerosi oggetti di ogni sorta destinati per regali di capodanno, enormi teste di cartone e scatole di fotografie, i cui soggetti sono disposti in modo da rappresentare il tipo inglese messo in ridicolo a modo delle caricature di Gavarni.
Ora, in uno di questi passati giorni, un signore dai capelli biondi, vestito con ricercatezza, e che avea l’accento britannico molto distinto, entra nel magazzino del Paradis des Enfants; e mostra col dito un panorama che figurava un combattimento in cui gl’Indiani in rivolta sono vincitori degli Inglesi.
«Quanto questo coso?».
«Venticinque franchi».
«Yes, date;… avete altri?».
«Ce ne restano un’altra dozzina» disse il commesso.
«Dateli tutti» aggiunse gravemente l’isolano. Poscia accompagnato dal primo commesso, egli visita minutamente il magazzino, fino ad un mezzanino che serve di riserva, e fa mettere da parte tutte le caricature inglesi. Quindi le fa porre nel calorifero e dice al commesso:
«Bruciate tutte».
«Ma… signore» balbetta il commesso stupefatto.
«Bruciate!… Bruciate! Io non soffrire che Inghilterro esser messo in ridicolo. Bruciate, io pagar tutto,… quanto!».
Si fece il conto, e questo montava a 1873 franchi e 50 centesimi. L’inglese paga; assiste all’ autodafé de’giocherelli, e quindi va via soddisfattissimo dicendo:
«Andare a far lo stesso altri magazzini».
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La folla dei visitatori dell’Esposizione aumenta ogni giorno. Lunedì i cancelli diedero il passaggio a 100 mila visitatori che pagarono tutti un franco, e questa sommerella è aumentata dagli abbuonamenti settimanali. Si è valutato che le spese fatte per il palazzo dell’Esposizione sono circa 20 milioni; le rendite saranno di circa 60 milioni; il che dà un guadagno netto di 40 milioni.
Giunse a Calais un numero tale di Inglesi per visitare l’Esposizione che la direzione delle ferrovie dové ordinare un convoglio supplementare.
FRANCESCO MASTRIANI